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NUMERO 15 - 27/07/2016

Nuovi limiti alla tutela giurisdizionale in materia di contratti pubblici

Prima di concentrarmi sull’argomento assegnatomi, vorrei fare alcune brevissime considerazioni su alcune tematiche di carattere generale emerse dalle precedenti relazioni e in particolare da quella del Consigliere Corradino. Si è parlato del ruolo della dottrina e dell’Università e, nella mia qualità di Presidente dell’Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, non posso non rispondere al richiamo. Sicuramente il ruolo della dottrina è, in questo momento, più che mai importante e delicato: e mi sembra che anche questo incontro ne costituisca sicura conferma. Ne ha dato del resto valida dimostrazione proprio l’ampio e partecipato dibattito svolto in ambito accademico negli incontri promossi dalla nostra Associazione, significativamente dedicati, in questi ultimi tre anni, ai temi che, come ricordava anche Michele Corradino, costituiscono, dal lato giuridico, il nucleo centrale sul quale lavorare per ambire al concreto superamento della crisi economica. Negli anni 2014-2016, abbiamo concentrato la nostra attenzione, individuandoli come “tema dell’anno” per i nostri incontri, sull’incertezza delle regole, sulle fonti nel diritto amministrativo, sui rimedi (preventivi e successivi) alla cattiva amministrazione. Qualcuno ha espresso perplessità per questo ritorno ai temi tradizionali, ma sono i temi classici che costituiscono, ancora, a mio avviso, il nostro fondamentale punto di partenza e di riferimento. Non li dobbiamo dimenticare in un momento di crisi economica, politica e istituzionale, perché la crisi esiste e dobbiamo averne piena coscienza, cercando di affrontarla al meglio, individuando i rimedi più idonei a tal fine. Ancora pochi mesi fa, nell’autunno 2015, ricordo di essere stata costretta a svolgere, in vari convegni scientifici, un’opera di costante “martellamento”, per confutare l’assurda e pericolosa identificazione nella giustizia amministrativa di una delle cause ostative alla ripresa dell’economia, propugnando l’opposto slogan che, anzi la certezza delle regole - e dunque anche l’effettività della tutela contro la relativa inosservanza da parte dei detentori dei poteri pubblici - sono strumento indispensabile affinché gli operatori possano riacquistare fiducia e l’economia possa andare avanti (“lo Stato di diritto fa bene all’economia”). Il valore della certezza delle regole e le conseguenze negative derivanti, sul piano economico, dall’instabilità del quadro normativo hanno trovato triste conferma proprio nei dati recentemente fornitici dalla stampa sulla stasi creata dalla recente riforma del Codice dei contratti pubblici (con importi scesi del 79,2% a maggio e del 58% a giugno). Come ricordavano anche i precedenti relatori, il legislatore ha concepito un sistema basato su regole di incerta comprensione e applicazione, affidata a linee interpretative “flessibili” e stiamo aspettando gli esiti dei riscontri della loro concreta funzionalità da parte di una cabina di regia che proporrà imprescindibili correttivi. Senza menzionare, per non indulgere a troppo facili critiche, l’imminente decreto di rettifica dei numerosissimi errori materiali che costellano il decreto delegato che il Governo è stato costretto a redigere in tempi assolutamente inaccettabili per compensare gli ingiustificabili ritardi nella stesura della legge delega. In questo quadro, chi ha il coraggio di avviare nuove procedure di gara? E’ un problema reale e concreto di massima gravità, che contraddice lo slogan che le regole “flessibili” favoriscono la ripresa dell’economia. Si aspettano le rettifiche, i decreti attuativi, le linee guida, i riscontri della cabina di regia e i conseguenti decreti correttivi di una riforma che offre ben poche garanzie. E anche le stazioni appaltanti preferiscono aspettare a bandire le gare... (segue)

 



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