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NUMERO 5 - 04/03/2020

Perché abbiamo bisogno delle Regioni

Ricorrono quest’anno i 50 anni delle Regioni ordinarie, i cui Consigli regionali si insediarono quasi tutti nel 1970. Gli anniversari, come noto, costituiscono generalmente occasione per interrogarsi sulla “resa” degli istituti e per riflettere sul loro “posto” nel sistema costituzionale. Il bilancio, a mio avviso, non è positivo: le potenzialità del sistema regionale sono ancora largamente inesplorate perché la loro storia è stata costellata da troppe difficoltà e mancate occasioni. Tuttavia di Regioni abbiamo bisogno, e ciò di cui occorrerebbe discutere è di quale Regioni necessita oggi il sistema. Ma procediamo con ordine. La vita delle Regioni, infatti, non è stata facile, sin dall’inizio. Un inizio posticipato di ben 22 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, caso unico tra le nascenti istituzioni repubblicane. Rammentare oggi quelle difficoltà può essere utile; molte di esse, infatti, non furono altro che spie anticipatrici di quelle successive.  Come noto, l'VIII disposizione transitoria della Costituzione stabiliva che “le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni provinciali" dovessero essere indette "entro un anno dall'entrata in vigore della Costituzione” e che le leggi della Repubblica avrebbero regolato “per ogni ramo della pubblica amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni”. Altre leggi avrebbero, inoltre, disciplinato il passaggio alle Regioni di funzionari e dipendenti dello Stato. La IX disposizione transitoria, poi, stabiliva che la Repubblica, “entro tre anni dall'entrata in vigore della Costituzione», avrebbe adeguato «le sue leggi alle esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa attribuita alle Regioni”. Con l'approssimarsi della prima scadenza e in assenza di iniziative governative di adempimento della normativa costituzionale alcuni senatori del gruppo repubblicano, presentarono una proposta di Legge nella quale si fissava la data per lo svolgimento delle elezioni nel giorno 8 ottobre 1949, qualora non si fossero già svolte prima. La proposta veniva approvata e si trasformava nella Legge 24 dicembre 1948 n. 1465 (c.d. Legge Bergmann) che prorogava il termine della VIII disposizione transitoria sino al 30 ottobre 1949. Il 25 ottobre 1949 la Legge n. 762, (proposta da Roberto Lucifredi), disponeva una nuova proroga delle elezioni dei Consigli regionali al 31 dicembre 1950. Il 16 dicembre Mario Scelba, allora Ministro dell'Interno, presentava alla Camera tre disegni di legge per le elezioni locali. Mentre quelli per le leggi elettorali dei Comuni e delle Province furono approvati (Legge 24 febbraio 1951 n. 48 e Legge 8 marzo 1951 n. 122), quello recante "Norme per la elezione dei Consigli regionali" decadde al termine della legislatura. Il 19 dicembre, intanto, il governo De Gasperi aveva provveduto a presentare due disegni di legge per l'attuazione dell'VIII disposizione transitoria: il primo per l'attuazione dell'ordinamento regionale, poi diventato legge n. 62 del 10 febbraio 1953 (c.d. Legge Scelba), il secondo recante "Norme per l'elezione dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle Amministrazioni provinciali", poi ritirato il 31 gennaio 1950. Il progetto governativo (poi divenuto Legge Scelba) si limitava a fissare le modalità per le riunioni del Consiglio regionale, per l'elezione del Presidente e della Giunta, per l'adozione e la pubblicazione delle deliberazioni; regolamentava la nomina e l'attività del Commissario di governo e della Commissione di controllo sugli atti amministrativi delle regioni; rinviava, infine, la più puntuale organizzazione agli statuti regionali e regolamenti assembleari. Esso incontrò subito l'opposizione soprattutto dei democristiani che sottolinearono la sua inadeguatezza con riguardo all’impianto costituzionale. La Camera approvò il nuovo testo, ampiamente rimaneggiato nel novembre del 1951; l'esame fu ripreso dal Senato soltanto un anno dopo per concludersi nel gennaio del 1953. Ciò che è più rilevante è che il dibattito parlamentare rivelava un clima di aperta preoccupazione per le nascenti autonomie regionali e, soprattutto, il governo mostrava tutti i suoi dubbi e le sue incertezze per possibili vittorie delle forze di opposizione.  Si palesava così quella che successivamente sarebbe divenuta una costante nel panorama politico italiano: la lettura “nazionale” delle elezioni regionali… (segue)



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