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NUMERO 6 - 25/03/2009

Politicità delle scelte e neutralità dell’attuazione nella Costituzione italiana

Un ipotetico osservatore esterno del mondo occidentale – e in specie dell’Italia – difficilmente eviterebbe una sensazione di grande contraddittorietà;  gli arriverebbero – così come quotidianamente succede a noi – inputs assolutamente contrastanti: ma quello stesso osservatore ben presto si accorgerebbe che il problema delle nostre società non è una presunta perdita dei valori, bensì il loro pluralismo e la enorme difficoltà, se non impossibilità, di gerarchizzarli, di ordinarli, di porre l’un valore prioritariamente all’altro. E, ancora, lo stesso osservatore facilmente percepirebbe che quanto più avanzano – direi inesorabilmente – i processi di democratizzazione, di globalizzazione, di crescita delle autonomie politiche, sociali, funzionali, personali, tanto più si creano situazioni in cui l’anomia non deriva dalla mancanza di norme, bensì proprio dalla loro pluralità e dalla incapacità del sistema di ordinarle e sistemarle.
La verità è che siamo di fronte a grandi, enormi trasformazioni, di cui in Italia – paese non più al centro dell’Impero –  fatichiamo a coglierne i collegamenti con vicende spesso più grandi di noi.
Così, per mantenere il discorso sul piano istituzionale, tutti conosciamo il disagio provocato in ampi settori politici, dottrinari, giurisprudenziali dalla formulazione del nuovo art. 114, comma 1, Cost., secondo cui “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
Ma cosa è mai – si sono chiesti i critici della formulazione costituzionale - questa pretesa di porre lo Stato allo stesso livello dei Comuni? Come si fa ad invocare il recupero dell’autorità dello Stato, della sua capacità di operare in modo competitivo in Europa e nel mondo, di fornire servizi efficienti, se poi lo Stato – le sue istituzioni, i suoi funzionari – sono posti sullo stesso piano dei Comuni e delle Province? Eppure, in quel comma c’è il riconoscimento del pluralismo istituzionale, c’è la ricaduta dell’art. 1 della Costituzione, che afferma chiaramente che la sovranità non spetta allo Stato, bensì al popolo, “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, quindi anche attraverso le istituzioni politiche di riferimento, nelle quali tutte si rifrange la sovranità popolare, secondo la condivisibile intuizione della sentenza 126 del 2002 della Corte costituzionale. 

(segue)



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