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NUMERO 22 - 16/11/2016

Presidenziali USA: l'alternanza di governo nell'ultimo sistema bipartitico al mondo

In una delle posizioni più note e controverse nella metodologia delle scienze sociali, Friedrich von Hayek affermò che le scienze sociali si distinguono dalle scienze naturali perché mentre queste ultime hanno ad oggetto di studio i fatti (od i fenomeni) oggettivi, le scienze sociali hanno come oggetto le idee che gli individui hanno sui fatti, e le idee che essi hanno sulle idee proprie e su quelle degli altri individui. Questa posizione metodologica mostra tutta la sua rilevanza nel considerare le elezioni presidenziali, legislative e statali americane svoltesi lo scorso 8 novembre. Vi è un primo senso in cui essa si esplicita, e riguarda cosa si ritiene che di queste elezioni si debba spiegare. Per dirla con Karl Popper, aperti alla spiegazione sono quei fenomeni che contrastano con le aspettative, oppure quei fenomeni che sono effetti inattesi di azioni razionali. In termini più generali, le elezioni presidenziali del 2016 non sono aperte ad una spiegazione in senso popperiano. Il risultato finale, che è poi il solo rilevante, è infatti che dopo due mandati presidenziali Democratici gli elettori hanno scelto un presidente Repubblicano. Questa alternanza è pressoché la regola nella storia elettorale americana. Una alternanza che non è una descrizione di casualità statistica, ma corrisponde ad una determinante fondamentale del corpo elettorale americano, rimasta stabile nei secoli, che è quella di vedere il cambiamento di per sé (“change”) come un valore positivo. Poiché il corpo elettorale nel tempo di quattro anni può necessariamente avere solo un mutamento limitato di composizione, è una semplice conseguenza logica che ogni cambiamento di maggioranza presidenziale derivi o da uno spostamento marginale dell’elettorato, oppure da una variazione del numero assoluto o relativo dei votanti di uno o di entrambi gli schieramenti. Appaiono quindi del tutto fuori luogo le considerazioni, che sono state fatte in questa elezione come in tutte le altre di simile struttura, per cui con l’elezione di Trump ci troveremmo di fronte ad un qualche tipo di fenomeno inedito, rivoluzionario, o simili. Per dare un po’ di sostanza a queste affermazioni varrà la pena ricordare alcuni numeri. La Clinton ha ricevuto 61,170,499  voti, pari al 47.8%. Trump ha ricevuto 60,480,694 voti, pari al 47.3% (risultati ancora non definitivi). Dato il sistema federale di elezione del Presidente degli Stati Uniti (che non è il Presidente degli Americani), con il voto Democratico fortemente concentrato negli Stati della costa est e della costa ovest, Trump ha conquistato una maggioranza dei voti elettorali. Nelle elezioni del 2012 Obama aveva ricevuto 65.915.795 voti, pari al 51.1%, mentre il candidato Repubblicano Romney aveva ricevuto 60.933.504 voti, pari al 47.2%... (segue)



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