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NUMERO 22 - 19/11/2008

Presidenziali USA. Una lezione di democrazia

Elezioni storiche
Le elezioni presidenziali del 4 novembre 2008 hanno rappresentato un momento “storico” nella vita politica americana e nel rapporto società/istituzioni, come ha dichiarato il candidato repubblicano perdente John McCain nel discorso di legittimazione per la vittoria di Barak Obama. Ma non si è trattato soltanto del successo di un candidato “di colore”, appartenente a quella “razza” che per le sue origini storiche è stata la minoranza più marginale nella società americana già in permanente conflitto con la maggioranza bianca, ma direi che sono venute in grande evidenza le trasformazione in profondità intervenute negli Stati Uniti e la perdurante vitalità del sistema politico-elettorale fondato con la Costituzione nel 1789. A me pare che gli aspetti più significativi di questa stagione siano essenzialmente tre: 1. Il perdurare e il rafforzarsi del processo integrativo che va sotto il nome di Melting Pot; 2. la conferma del carattere effettivamente democratico della selezione della classe dirigente politica fino al vertice presidenziale; 3. il buon funzionamento dei meccanismi elettorali connessi con il federalismo.

1. Melting Pot.
L’elezione di Obama con un largo margine di voto popolare (52% Democratici-46 Repubblicani) e di voti elettorali (349 D -163 R) riflette in pieno le trasformazioni della società per quel che riguarda il processo di integrazione e di “americanizzazione” dell’ultima e più difficile minoranza etnica e razziale rimasta fuori dall’American Dream per oltre un secolo dalla fine della schiavitù (1865). Il giovane senatore di Chicago non è stato eletto in quanto “nero” o rappresentante della sua comunità, come erroneamente alcuni commentatori hanno scritto. Obama è stato scelto semplicemente come “americano”, senza dare importanza al colore della sua pelle e alla appartenenza a un gruppo etnico in passato così qualificato. Il suo successo nasce esclusivamente dalle sue idee, dalla volontà di gran parte degli americani di voltare radicalmente pagina rispetto alla doppia crisi (militare-internazionale e finanziaria-sociale) che avvolge la classe media, e dalla messain evidenza di una leadership di cui un paese fortemente avvilito ha sentito il bisogno. E’ vero che questa volta il colore del neo-presidente non è stato di ostacolo ma ciò dipende dal fatto che il processo del Melting Pot è riuscito infine a coinvolgere anche la minoranza nera (13,5% del totale) - o almeno una sua gran parte – rimasta estranea alla americanizzazione che dal 1870 al 1960 ha di volta in volta assimilato le minoranze soprattutto bianche (irlandesi, ebrei, italiani, polacchi…) lasciando ai margini i non-bianchi. Con il 2008 si può dire che i circa 40 milioni di afro-americani sono entrati, come gli altri gruppi etnici, nel pieno della vita pubblica. Del resto l’analisi delle componenti del voto popolare per il democratico Obama conferma il suo appeal nei confronti di tutti i settori e le categorie della popolazione. Su 100 voti ottenuti, ne ha ricevuti 61 da bianchi (McCain 90%), 23 da neri (in proporzione maggiore della percentuale popolare del 13% contro l’1% di MC), 11 dagli ispanici (contro 6%MC), 2 dagli asiatici (contro 1% MC) e 3 da altri. Per quel che riguarda la proporzione tra i sessi il neo-presidente ha ricevuto il 56% dei voti dalle donne (contro il 50% MC) e il 46% dagli uomini (contro il 50%MC).

(segue)



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