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NUMERO 8 - 16/04/2014

Riforme costituzionali e composizione del Senato: il ritorno alla rappresentanza territoriale

Il dibattito della prima parte dell’Assemblea Costituente, com’è noto purtroppo a pochi, si svolse con proposte suggestive che cercavano di integrare la rappresentanza politica propriamente detta (che si sarebbe espressa per intero alla Camera) con quelle degli interessi e dei territori che avrebbero dovuto trovare rilievo nel Senato. In particolare il progetto di Costituzione giunto in Aula itegrava due terzi di senatori elettivi con un terzo di eletti in secondo grado dai Consigli regionali e con il tentativo di ricondurre l’elettorato passivo ad una serie di categorie professionali e di competenze. Evidenti erano le difficoltà materiali a far passare un simile tipo di impostazioni: a differenza del processo costituente tedesco le Regioni non preesistevano ed era pertanto difficile proiettarne un ruolo nel nuovo Senato; l’idea di rappresentanza degli interessi in un organo parlamentare era comunque oggetto di sospetto per l’esperienza della Camera dei Fasci e delle Corporazioni del periodo autoritario. Tuttavia l’aspetto risolutivo per l’eliminazione di quelle soluzioni nel testo definitivo fu quello descritto nello scambio di battute tra Leopoldo Elia e Giuseppe Dossetti alle pagg. da 63 da 65 dell’intervista curata da Elia e Pietro Scoppola a Dossetti e Giuseppe Lazzati  e uscita poi postuma per Il Mulino. Alla pressione dei professori e di alcuni politici, specie di estrazione popolare, per un raccordo innovativo tra nuovo bicameralismo e regionalismo, che per alcuni era una vera e propria battaglia di principio (Elia ricorda che Mortati diceva di aver dovuto “tirare Piccioni per la giacca per quanto era regionalista”) dopo la rottura del Governo nella primavera 1947 fece fronte un atteggiamento difensivo complessivo, di sfiducia reciproca, di tutte le principali leadership politiche. Dice Dossetti:  “Il bicameralismo, un garantismo eccessivo..quella che concretamente era la preoccupazione maggiore di de Gasperi era il fatto che il Partito Comunista potesse diventare la maggioranza”. Aggiunge Scoppola che su questo la posizione dei comunisti è speculare, dopo una prima fase “di tipo giacobino: monocameralismo, potere assoluto della Camera..dopo la rottura passa a posizioni simmetriche” e poi, dopo qualche battuta Dossetti conclude : “Tutti e due per eccesso di paura dell’altro”... (segue)



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