Un vecchio brocardo latino, risalente sembra ai Sermoni di Sant’Agostino, recita “Roma locuta, causa finita”, per esprimere il principio che una volta che si sia pronunciata l’Autorità (in quel caso ecclesiastica), la controversia si è conclusa, deve concludersi, non essendoci più spazio per ulteriori contestazioni. Mi è sempre rimasto in testa, questo vecchio brocardo latino, da quando l'ho visto utilizzato da Helmut Ridder, costituzionalista tedesco presso la cui cattedra studiai trentacinque anni fa a Giessen, in un saggio che tradussi in italiano per “Diritto e società”. Ridder lo utilizzava per descrivere l'efficacia delle sentenze del Bundesverfassungsgericht e corrisponde, d'altra parte, al nostro art. 137, comma 3, secondo cui “contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione”, previsione da tutti rispettata, tranne quando qualcuno - duramente rimproverato da Carlo Mezzanotte - provò nel 1997 a sollevare un conflitto di attribuzione contro le decisioni di inammissibilità di alcuni referendum. Certo, l'applicazione del principio “Roma locuta, causa finita”, specie se accompagnata da un rigoroso rispetto di “Roma” e delle sue pronunce, risolverebbe tutti i nostri problemi di certezza del diritto e ci permetterebbe di guardare con un certo distacco alle posizioni teoriche e giurisprudenziali di chi, partendo dalla esigenza di certezza del diritto, vuole costruire, capovolgendo gli addendi, un diritto alla certezza. A modesto avviso di chi scrive, si tratta in realtà di contorsioni, perché la certezza del diritto è, come affermato anche dalla Corte, un valore dell'ordinamento, in quanto espressione dei valori di democrazia, eguaglianza e libertà, che deve essere in grado di imporsi autonomamente, senza necessità di ricorrere alla sua soggettivizzazione. Così facendo, in realtà, si rischia paradossalmente di aumentare il disordine: la certezza del diritto non si imporrà per tutti, bensì solo per quelli che avranno attivato le forme di tutela soggettiva. In realtà, in questi casi la lesione non riguarda un astratto diritto alla certezza, bensì la concreta situazione soggettiva che, non rispettando l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, è stata pretermessa ovvero obliterata, senza tener conto di orientamenti giurisprudenziali consolidati (questo vale, in realtà, anche per il cd. diritto alla verità, anche esso di provenienza Cedu)… (segue)
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