Approssimandosi l’udienza del 12 novembre, allorquando la Corte costituzionale affronterà i ricorsi presentati da quattro Regioni avverso la cosiddetta legge “Calderoli” sull’autonomia differenziata, sono almeno tre le prospettive di rilievo costituzionale che potrebbero essere dischiuse dal richiesto intervento del giudice costituzionale. Innanzitutto, vi è la prospettiva di poter disporre, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale, di una “lettura” costituzionalmente orientata del procedimento di attuazione di quella forma di regionalismo asimmetrico che è consentita dall’art. 116, terzo comma, Cost. Si tratta di una prospettiva che, a nostro avviso, potrebbe effettivamente concretizzarsi anche al di là delle specifiche e dettagliate soluzioni che la Corte costituzionale dovrà offrire rispetto alle molteplici questioni che le sono state sottoposte nei quattro ricorsi regionali. Due le motivazioni essenziali che potrebbero - o, forse, dovrebbero - indurre la Corte costituzionale ad offrire, in via preliminare, il complessivo quadro di riferimento costituzionalmente corretto del procedimento di attuazione dell’art. 116, terzo comma, Cost. In primo luogo, senza una preventiva indicazione e una sufficiente ricostruzione di siffatto quadro di riferimento, e dunque senza la precisazione dei principi costituzionalmente rilevanti e che devono presiedere il processo di attuazione in oggetto (circa, ad esempio, le fonti normative utilizzabili e i relativi rapporti, ovvero circa il ruolo e le rispettive competenze che vanno garantiti ai soggetti istituzionali che ne sono coinvolti, ivi compresi, quindi, i canoni e i meccanismi costituzionali che ne devono guidare le relative interrelazioni, come, ad esempio, la leale collaborazione) sarebbe assai complesso risolvere, in modo sistematicamente ordinato e coerente, i singoli dubbi costituzionalità – peraltro di assai vario e differenziato livello, per così dire da quello “macro” a quello “micro” - prospettati dalle quattro Regioni... (segue)
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