Sentenza importante ed equilibrata, la n. 390 del 2007 si segnala come un passaggio cruciale per la costruzione di un corretto rapporto tra esigenze di tutela della funzione parlamentare, legittimo ricorso a strumenti d’investigazione particolarmente pervasivi (come le intercettazioni), e utilizzazione processuale dei loro risultati.
Corte costituzionale, Sent. n. 390/2007
Proprio muovendo dal tema della regolamentazione dell’utilizzabilità in sede processuale delle intercettazioni (cd. “indirette” o, meglio, “casuali”) di conversazioni di cui sia occasionalmente parte un parlamentare (non oggetto diretto dell’atto investigativo), la sentenza in esame fornisce infatti una ricostruzione persuasiva della ratio delle autorizzazioni ad acta previste dall’attuale testo dell’art. 68 cost., aggiungendo anche una serie di “istruzioni” di ordine pratico-processuale per il corretto maneggio di un così delicato mezzo di ricerca della prova. Senza contare che non mancano indicazioni e chiari messaggi alla “giurisprudenza parlamentare” che di recente si è occupata della questione, in occasione di ben note vicende di cronaca che hanno interessato membri del Parlamento.
In questa sede, si presenta solo un’analisi degli aspetti più significativi ricavabili dalla motivazione, senza la possibilità di una trattazione esaustiva dei vari spunti che essa contiene. (Continua...)
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