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NUMERO 17 - 09/09/2009

Identità nazionale e simboli repubblicani: una questione ancora all'ordine del giorno

La Repubblica italiana è “una e indivisibile”, così come dispone l’art. 5 della Costituzione? La domanda sarebbe meramente retorica se il nostro Paese vivesse normalmente la sua identità storico-politica, se cioè non fosse ancora necessario ricorrere alla presenza del dato prescrittivo di una disposizione costituzionale per ricordare ciò che dovrebbe essere da tutti riconosciuto. Ma che il connotato deontologico del dettato costituzionale stenti ancora a coincidere con il profilo assiologico dell’identità nazionale e repubblicana avvertita dall’intera collettività, è testimoniato dal fatto che la questione della morte – o sulla crisi, secondo altri - della Patria non è rimasta confinata nelle discussioni sviluppatesi tra i politologi e gli studiosi di storia contemporanea, ma appare capace di porsi assai facilmente al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica. E se la cartina di tornasole di una problematica così seria per l’intero ordinamento non può essere certo rappresentata dall’accendersi di qualche estemporaneo dibattito estivo, altri e ben più rilevanti eventi non possono essere trascurati. In particolare, come noto, la preparazione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, piuttosto che mirare a rendere evidente un dato storico oggettivamente incontestabile, e dunque consolidarlo nella memoria della collettività, ha invece determinato l’insorgere di polemiche di innegabile impatto istituzionale, soprattutto a seguito dell’annunciato intento del presente Governo di modificare il piano originariamente disposto, tra l’altro riducendo il corrispondente impegno finanziario per seicento milioni di euro ed eliminando non poche delle iniziative già poste in programma. Così, una controversia inizialmente delimitata ai rapporti con gli enti locali direttamente interessati –e vertente essenzialmente sulla scelta delle opere pubbliche sulle quali concentrare le risorse disponibili- ha finito per coinvolgere il Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio e i componenti del Governo (ed in particolare il Ministro per i beni culturali), e per porli innanzi ad una tematica di ben altro peso: il “come” celebrare è divenuto il “cosa” celebrare... 

(continua)



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