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NUMERO 20 - 25/10/2017

Riflessioni di merito sul Rosatellum (al netto dalle polemiche politiche)

Tutte le leggi elettorali presentano elementi politici, sui quali le opinioni possono legittimamente divergere, ed è difficile immaginare che il disegno di legge per la elezione delle Camere, ora all’esame del Senato si sottragga a valutazioni anche fortemente critiche. Tuttavia sono da distinguere gli eventuali profili di incostituzionalità, che possono essere anche annidati nei particolari, da altri giudizi di merito, sulla idoneità del modello proposto a dotare al meglio il Parlamento di eletti che rappresentino correttamente la volontà popolare, e assicurare al Governo la legittimazione e la stabilità necessarie per esercitare con efficacia le funzioni proprie del potere esecutivo. Può essere utile segnalare alcuni punti critici, affiorati nel dibattito politico e portati all’attenzione dell’opinione pubblica. In presenza di un panorama di forze politiche che non costituiscono la coesa aggregazione di  due poli contrapposti, il disegno di legge è orientato a favorire quanto meno il raggruppamento in coalizioni, che si già si manifestino come tali al corpo elettorale. Il legame risulta dal voto congiunto, espresso nella stessa scheda, per il candidato nel collegio uninominale, da eleggere con il sistema maggioritario, e le liste collegate con questa candidatura. Un meccanismo discutibile, ma tuttavia costituzionalmente ammissibile. Il candidato comune alle forze politiche coalizzate, rafforza il legame tra di esse e dovrebbe manifestare una proposta politica unitaria. Restringe le opzioni che l’elettore potrebbe manifestare con il voto disgiunto, ma non irragionevolmente. Si potrebbe sostenere che ne invoca la coerenza e dunque non coarta la sua volontà, che si può esprimere all’interno della coalizione prescelta. È da auspicare che la coerenza richiesta o imposta all’elettore, si manifesti anche negli eletti, e che le coalizioni che si presentano come tali all’elettorato non siano espressione di opportunismo, per utilizzare al meglio il meccanismo elettorale, e non cessino di rimanere aggregate in Parlamento. Il fenomeno della frantumazione e del trasformismo, che si è manifestato in modo vistoso nella legislatura che si avvia a conclusione, non è fronteggiabile con congegni della legge elettorale. Ci sono altri strumenti che potrebbero essere messi in campo nei regolamenti parlamentari. Ad esempio alzare la soglia per la costituzione di gruppi parlamentari, senza ammettere le deroghe che sono state concesse, ed escludere che al mutamento del gruppo segua la quota di finanziamento, quasi come dote personale. La stabilità della coalizione vincente, che può fruire del premio indiretto che può attribuire il sistema maggioritario nei collegi uninominali e che si suppone manifesti una omogeneità di base programmatica, è condizione per la durata della compagine governativa. Il nostro sistema non è dotato di strumenti diversi, quale il sistema maggioritario a doppio turno nella Francia semipresidenziale, o la sfiducia costruttiva del sistema tedesco, che rafforza la coesione e vincola nel patto di governabilità tra forze politiche diverse che negoziano e convergono con chiarezza i punti da realizzare in  un programma condiviso. È sempre da ricercare un equilibrio tra rappresentanza, il più possibile fedele, del corpo elettorale, e governabilità, ma le modalità possono essere molto diverse. Un altro punto critico è costituito dalla elezione dei candidati, nella parte proporzionale del sistema, secondo l’ordine stabilito nella scheda elettorale. Si attribuisce maggior potere a chi ha il potere di presentare la lista e si toglie all’elettore una possibilità di scelta in quest’ambito, mediante la espressione di una preferenza positiva, con la indicazione di voto per un nominativo, o negativa, espungendo uno o più candidati. Anche questo punto si presta a espressioni critiche, giacché limita la facoltà di scelta dell’elettore. Tuttavia il numero ristretto di candidati in lista supera la incostituzionalità, ritenuta dalla Corte in ragione della impossibilità o difficoltà per l’elettore di valutare per chi esprime il proprio voto in una lista lunga e bloccata di candidati. Qualche criticità riguarda l’adozione di una nuova legge elettorale a pochi mesi dalla fine della legislatura e dal voto, con il rischio che si intervenga prefigurando vantaggi e svantaggi per singole forse politiche, e preordinando soluzioni, il più delle volte successivamente smentite dai risultati elettorali. Certamente non sono questi i tempi con i quali si dovrebbe provvedere. Tuttavia può valere una giustificazione: la necessità di superare le incoerenze residue presenti nelle leggi esistenti, a seguito della caducazione di norme incostituzionali, e le divaricazioni che ne sarebbero derivate tra Camera e Senato. Piuttosto qualche singolarità la presenta il voto di fiducia richiesto dal Governo su una legge elettorale. La Costituzione e i regolamenti parlamentari non lo vietano. Tuttavia è materia squisitamente parlamentare, affidata al libero gioco delle forze politiche ed alla opportunità di una larga condivisione, ben al di là dei confini della maggioranza. La fiducia si può considerare una pur ammissibile forzatura; ma chiesta dal Governo su di una iniziativa legislativa non sua, se posta come fiducia “tecnica” su un disegno di legge che raccoglie una larga convergenza, nella maggioranza e nell’opposizione, non assume toni e rischi autoritari che sarebbero altrimenti preoccupanti.

 



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