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NUMERO 6 - 21/03/2012

 La Corte Costituzionale: giudice delle libertà o dei conflitti?

La Corte costituzionale   italiana ha sviluppato, in più di mezzo secolo di attività non soltanto una giurisprudenza incisiva, che ha influito sui singoli e sui gruppi, ma ha indubbiamente svolto una serie di funzioni, che costituiscono l’estensione dell’idea che il Costituente si era fatto della copertura co­stituzionale ad essa attribuita. Essa ha, però, risentito della persistente incertezza del processo di transizione istituzionale italiano. La crisi di regime del 1993/94 ha, infatti, rivelato una so­cietà civile molto mobile e più omogeneizzata di quanto non fosse il nuovo ceto politico. La “democrazia difficile” italiana è divenuta (nella “transizione infinita”   che ha caratterizzato gli ultimi quaranta anni, ma soprattutto gli ultimi venti)una democrazia a “basso rendimento”, in cui i soggetti poli­ticamente rilevanti continuano a non si fidarsi reciprocamente, mentre la parteci­pazione politica si è sempre più abbassata (così come gli standard comportamentali) e si appalesano tensioni centrifughe. Di qui tensio­ni che si sono riflesse nei conflitti sullo stesso patto costituzionale. Di qui il tentativo di rilegittimare la stessa costituzione attraverso una commissione bicamerale ad hoc, che ha costituito una vera e propria rottura della procedura di revisione costituzionale (L. cost. n. 1 1997); di qui le innovazioni a Costituzione vigente (legge Bassanini) con effetti a cascata sulla stessa amministrazione burocratica; di qui la citata riforma del titolo V della Costituzione alla fine della legisla­tura 1996-2001 e la risposta del II Governo Berlusconi con una maxi riforma della costituzione bocciata attraverso il referendum con­fermativo del 2006. In un simile clima, che ha visto un ulteriore cambiamento del siste­ma elettorale (2005), la permanenza del conflitto di interessi e la intro­duzione del cosiddetto “lodo Alfano” al fine di sterilizzare i processi per le più alte cariche dello Stato, la stessa Corte (che già nel 2004 ave­va dichiarato l’illegittimità dell’art. 1 del cosiddetto “lodo Schifani” con la sent. n. 24 di quell’anno) non poteva uscire indenne, mettendo al centro dell’attenzione criteri di selezione e metodo di presa delle de­cisioni del collegio. Se è vero che gli organi di garanzia disegnati dal Costituente (Ca­po dello Stato e Corte costituzionale) in sostanza stanno funzionando egregiamente per mantenere sotto controllo la situazione, essi hanno, senza alcun dubbio, sofferto fino a poco tempo fa delle tensioni esterne. Il Capo dello Stato è stato og­getto di attacchi scomposti sul problema del “fine vita” (Caso Engla­ro), mentre la Corte è stata scossa da polemiche     varie sulla sua pretesa politicità... (segue)



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