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di Sandro Staiano
Le autonomie locali in tempi di recessione: emergenza e lacerazione del sistema
L’attuale assetto delle autonomie locali – nella fase particolarmente sfavorevole del ciclo economico, che sembra destinata a perdurare, per il prolungarsi della distanza temporale tra stagnazione/recessione e ripresa – è tendenzialmente considerato soprattutto come una diseconomia da eliminare con le decisioni radicali necessarie a fronteggiare l’emergenza. Ritornano in campo temi che, mai estranei al dibattito sulle “riforme” proposte o praticate, assumono ora inedita centralità: le irrazionalità dimensionali, l’eccesso quantitativo e la frammentazione dei Comuni, la disutilità dell’ente intermedio per come si è venuto conformando nell’esperienza. Alcune delle misure di recente introdotte si ispirano a tale logica “emergenziale”. Si è ritenuto, dapprima, di prospettare la costituzione ope legis di Unioni di Comuni ai sensi dell’art. 32 TUEL, tra enti con popolazione fino a mille abitanti, a partire dal primo rinnovo delle cariche elettive successivo al 13 agosto 2012, per l’esercizio delle funzioni amministrative e per la gestione dei servizi pubblici: una misura “di sistema” se inserita in un più ampio contesto di riorganizzazione. Ma, poi, quanto alle funzioni degli enti locali, se ne è compiuta un’individuazione provvisoria, in attesa della legge statale intesa a provvedervi nell’esercizio della competenza di cui all’art. 117, c. 2, lett. p, Cost. (mai intervenuta, dopo il mancato esercizio della delega contenuta nell’art. 2, legge 5 giugno 2003, n. 131). Poi si è riproposta questa stessa via – ma dando campo a commistioni ancora maggiori tra interventi intesi al risanamento economico e misure ordinamentali da questo non necessitate – da una parte stabilizzando le “funzioni fondamentali” per l’innanzi determinate provvisoriamente, dall’altra preferendo l’Unione forzosa alle “convenzioni” tra Comuni, le quali potranno rimanere in vita, a tempo determinato, come forma associata di esercizio delle funzioni in discorso solo se, alla scadenza, “sia comprovato … il conseguimento di significativi livelli di efficacia e di efficienza nella gestione”, secondo modalità stabilite dal Ministro dell’interno sentita la Conferenza Stato-Città e autonomie locali. Anche in questo caso, il risparmio di spesa è un riferimento tenue, essendo principalmente in gioco la razionalità dell’assetto autonomistico nella sua interezza. E l’individuazione delle “funzioni fondamentali” dei Comuni appare estemporanea, compiuta al di fuori di un procedimento connotato dall’adeguata partecipazione dei soggetti dell’autonomia, qual era quello previsto dalla richiamata legge delega n. 131 del 2003, con uno strumento – il decreto-legge – quanto mai chiuso alla condivisione da parte dei destinatari (e, per molti aspetti, delle forze parlamentari, quando l’approvazione viene segnata dalla questione di fiducia; in ossequio, appunto, all’emergenza)... (segue)
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