Nell’ultimo decennio, con sempre maggior frequenza, al modello classico di responsabilità amministrativa sono state affiancate nuove forme tipizzate di responsabilità erariale affidate sempre alla cognizione della Corte dei conti. Tali inedite forme di responsabilità amministrativa si trovano spesso disciplinate in leggi finanziarie (oggi leggi di stabilità), a dimostrazione del fatto che esse sono state pensate come misure poste a tutela della finanza pubblica. Invero, una prima ipotesi di fattispecie sanzionatoria tipizzata risale al 1934, all’art. 46 del t.u. delle leggi sulla Corte dei conti (r.d. 12 luglio 1934, n. 1214), che prevede una sanzione pecuniaria per la omessa o ritardata presentazione del conto giudiziale da parte dell’agente contabile. Ma è a partire dal 2002 che si è assistito ad una vera e propria proliferazione di fattispecie tipizzate di responsabilità amministrativa. L’ipotesi principale che ha dato il via a questo processo è rinvenibile nell’art. 30, c. 15, della l. n. 289/2002 (finanziaria 2003), ove si dispone che qualora gli enti territoriali ricorrano all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, in violazione dell’articolo 119 della Costituzione, i relativi atti e contratti sono nulli e le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti possono irrogare agli amministratori, che hanno assunto la relativa delibera, la condanna ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento della commissione della violazione. Successivamente, per limitarci alle figure più significative, va ricordato l’art. 3, c. 44, della l. n. 244/2007 (finanziaria 2008), il quale, dopo aver posto un tetto al trattamento economico onnicomprensivo a favore di chi riceve emolumenti pubblici, dispone che, in caso di violazione di detta regola, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita. Il successivo comma 56 dell’art. 3 cit., dispone che con regolamento sono fissati i limiti, i criteri e le modalità per l’affidamento di incarichi di collaborazione autonoma, che si applicano a tutte le tipologie di prestazioni, precisando che la “violazione delle disposizioni regolamentari richiamate costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale”. Sempre l’art. 3 della l. n. 244/2007, al comma 59, dopo aver sancito la nullità del contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicura propri amministratori per i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile, dispone che in caso di violazione di tale precetto l’amministratore che pone in essere o che proroga il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo. Ed ancora, l’art. 60, comma 14, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (conv. con modificazioni con l. 6 agosto 2008, n. 133), prevede che la mancata segnalazione da parte del funzionario responsabile dell’andamento della spesa pubblica “in maniera tale da rischiare di non garantire il rispetto delle originarie previsioni di spesa costituisce evento valutabile ai fini della responsabilità disciplinare. Ai fini della responsabilità contabile, il funzionario responsabile risponde del danno derivante dal mancato rispetto dei limiti della spesa originariamente previsti, anche a causa della mancata tempestiva adozione dei provvedimenti necessari ad evitare efficacemente tale esito, nonché delle misure occorrenti per ricondurre la spesa entro i predetti limiti”. Il successivo comma 15 dell’art. 60 cit., dopo aver stabilito un tetto nell’assunzione mensile di impegni da parte delle amministrazioni statali, sancisce che la violazione di tale divieto “rileva agli effetti della responsabilità contabile”. Continuando nell’elenco, l’art. 1, c. 111-ter, della l. n. 220/2010, prevede che qualora le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti accertino che il rispetto del Patto di stabilità interno sia stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle regole del patto di stabilità interno, la condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione e, al responsabile del servizio economico-finanziario, una sanzione pecuniaria fino a 3 mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. Occorre segnalare anche il d.l. 6 luglio 2012, n. 95 (conv. in l. 135/2012), il quale, all’art. 1, comma 1, dispone che “i contratti stipulati in violazione dell’articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ed i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa. Ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo, ove indicato, dei detti strumenti di acquisto e quello indicato nel contratto”. Una previsione analoga si rinviene nei successivi commi 7 e 8 del medesimo articolo. Misure sanzionatorie sono previste poi nell’art. 3, c. 1, lett. s), del d.l. n. 174/2012, convertito con l. n. 213 del 2012, che ha sostituito l’art. 248, c. 5, del d.lgs. n. 267 del 2000 (T.U. enti locali), il quale oggi dispone che, ferma restando la responsabilità amministrativa, agli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, del verificarsi del dissesto finanziario, la stessa irroga “una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione”. Analoga previsione è prevista per i revisori dei conti dall’art. 5-bis del d.lgs. n. 267/2000, introdotto sempre dall’art. 3, c. 1, lett. s), del d.l. n. 174/2012. Una fattispecie tipizzata di responsabilità amministrativa si trova inoltre nell’art. 1, c. 12, della l. n. 190/2012 (c.d. legge anticorruzione), che, in caso di condanna in sede penale di un dipendente, prevede per il responsabile anticorruzione una responsabilità per danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione (oltre ad una responsabilità disciplinare e dirigenziale), salvo che non dimostri di aver predisposto e fatto attuare un piano di prevenzione della corruzione. Ancora più di recente, l’art. 1, c. 4, del d.l. n. 35 dell’8 aprile 2013 (come sostituito dall’art. 1, c. 1, della l. 6 giugno 2013, n. 64, in sede di conversione), relativo ai pagamenti dei debiti delle p.a., dispone che la procura regionale competente della Corte dei conti esercita l’azione nei confronti dei responsabili dei servizi interessati che, senza giustificato motivo, non hanno richiesto gli spazi finanziari per sostenere i pagamenti nei termini e secondo le modalità previsti nel comma 2 del medesimo articolo, ovvero non hanno effettuato, entro l’esercizio finanziario 2013, pagamenti per almeno il 90 per cento degli spazi concessi, aggiungendo che nei confronti di detti soggetti “e degli eventuali corresponsabili, per i quali risulti accertata la responsabilità ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari a due mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali”, che resta acquisita al bilancio dell’ente... (segue)
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