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FOCUS - Comunicazioni, media e nuove tecnologie N. 1 - 27/02/2015

 I diritti e la Rete. Notazioni sulla bozza di Dichiarazione dei diritti in Internet

La bozza di Dichiarazione dei diritti in Internet, elaborata dalla Commissione di studio istituita su iniziativa della Presidenza della Camera dei deputati e resa pubblica lo scorso 13 ottobre, sembra muovere da una premessa ed esprimere un preciso messaggio politico. Se la premessa, per le ragioni che subito si diranno, non appare del tutto condivisibile, il messaggio che traspare dal testo, di contro, risulta molto interessante e può costituire la base di un’ampia riflessione sulla tematica della protezione dei diritti fondamentali nell’ambito della Rete, oltre che della regolamentazione e della governance di quest’ultima. Sebbene nel dibattito sviluppatosi in seno alla Commissione non siano mancati interventi orientati in altro senso, la premessa che sembra ispirare la Dichiarazione è che Internet costituirebbe una dimensione a sé, non certo estranea alla realtà, ma dotata di propri caratteri peculiari, uno spazio pubblico («il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto», come ha scritto di recente Rodotà), nonché, come si legge nel Preambolo del documento, uno «spazio economico che rende possibili innovazione, corretta competizione e crescita in un contesto democratico». L’idea della Rete come spazio autonomo può condurre alla sua rappresentazione come una sorta di Wonderland in grado di sviluppare in modo esponenziale le capacità umane e di potenziare i diritti della persona in misura fino a poco tempo fa inimmaginabile, ma anche di conculcare i diritti medesimi con modalità inedite, per l’operare di soggetti pubblici e privati in posizioni dominanti e per le straordinarie risorse che a questi ultimi offre la stessa Rete. Una configurazione questa che se, da un lato, coglie alcuni innegabili elementi di discontinuità tra i nuovi contesti globalizzati dell’era digitale e quelli che, nel XIX e nel XX secolo, hanno accompagnato lo sviluppo e il consolidamento degli Stati nazionali, dall’altro, rischia di indurre ad una sottovalutazione dei tanti profili di continuità con il passato che pur caratterizzano le odierne realtà istituzionali democratiche. Si pensi soltanto al superficiale approccio al tema della e-democracy di recente fatto proprio da un movimento politico che ha ottenuto un ampio seguito elettorale, secondo il quale Internet porrebbe le condizioni per l’affermazione di un nuovo tipo di democrazia, idonea ad assicurare al «popolo della Rete» una partecipazione totalmente piena e diretta alla gestione della cosa pubblica, senza i filtri della rappresentanza politica. Gli estensori della Dichiarazione non paiono, in vero, condividere questa visione così irenica: essi sono consapevoli, piuttosto, del rischio che prevalgano «poteri pubblici e privatiche possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale» (Preambolo); e riconoscono l’importanza di dotare la Rete di regole «conformi alla sua dimensione universale e sovranazionale […], per garantire il suo carattere aperto e democratico, impedire ogni forma di discriminazione e evitare che la sua disciplina dipenda dal potere esercitato da soggetti dotati di maggiore forza economica» (art. 14)... (segue)



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