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NUMERO 9 - 06/05/2015

 Il raddoppio dei giudici del Tribunale dell’Unione: valutazioni di merito e di legittimità costituzionale europea

Da vari anni le istituzioni politiche dell’Unione (Commissione europea, Consiglio dell’Unione e Parlamento europeo) esaminano ed attuano le riforme necessarie a rendere più efficace e tempestiva la giurisdizione dell’Unione, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia. Conviene ricordare che l’architettura giudiziaria dell’Unione, quale risulta dai Trattati vigenti, ed in particolare dall’art. 19, par. 1, prima frase del Trattato sull’Unione europea (TUE), come modificati da ultimo a Lisbona nel 2007, è imperniata su tre organi giurisdizionali che fanno parte dell’istituzione Corte di giustizia, avente sede a Lussemburgo. Come noto si tratta: a) della Corte di giustizia in senso stretto, in funzione dal 4 dicembre 1952 come Corte CECA e dal 7 ottobre 1958 come Corte unica delle allora tre Comunità europee (CECA, CEE, EURATOM), composta da 28 giudici (indicati uno per Stato membro e sottoposti, ai sensi dell’art. 255 TFUE, al vaglio di un Comitato che ne valuta l’adeguatezza prima della nomina sulla base del comune accordo degli Stati membri) e 11 avvocati generali (dal 7 ottobre 2015), che è l’organo giurisdizionale supremo cui spetta il potere di nomofilachia, cioè di assicurare l’uniforme interpretazione del diritto, a garanzia ultima dell’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione; b) del Tribunale (già di primo grado), pure composto di 28 giudici (nominati secondo la medesima procedura), in funzione dal 1° settembre 1989, la cui istituzione peraltro era stata prevista dall’Atto Unico europeo del 1986 con la finalità, per un verso, di assicurare il principio del doppio grado di giudizio nel sistema comunitario e, per altro verso, di alleviare il carico di lavoro della Corte in quegli anni molto gravoso; e c) del Tribunale della funzione pubblica, composto di 7 giudici (scelti sulla base di candidature individuali, vagliate da un Comitato di selezione e nominati all’unanimità dal Consiglio), in funzione dal 1° ottobre 2005, come primo esempio di tribunale specializzato, secondo la previsione figurante inizialmente nel Trattato di Nizza del 2001, in cui tutte le dette istanze giurisdizionali “specializzate” erano denominate “camere giurisdizionali”. Sulla riforma in corso, che investe la complessiva architettura giudiziaria dell’Unione, il dibattito in Italia è sostanzialmente assente, mentre di esso ha dato opportuna notizia la stampa estera, e qualche breve contributo è apparso pure nelle riviste giuridiche europee. La questione è stata inoltre oggetto di esame da parte della House of Commons britannica nell’ambito della valutazione delle proposte di atti legislativi dell’Unione. Non appare inutile pertanto richiamare su di essa l’attenzione degli ambienti giuridici italiani, dato che la riforma - oltre ad aver finora prodotto una notevole tensione sia tra le tre istanze giurisdizionali dell'Unione sia tra il Parlamento europeo ed il Consiglio - pone problemi non secondari in ordine ai costi per il bilancio dell’Unione in un tempo che è ancora di crisi, all’efficacia in termini di ottimale amministrazione della giustizia e, soprattutto, di rispetto delle disposizioni dei Trattati istitutivi da parte del legislatore dell’Unione... (segue)



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