Una decisione della Cassazione penale (Sez. I, 12 settembre 2014, n. 37596) ha definito Facebook un “luogo aperto al pubblico”. Tale affermazione porta a riflettere su quali siano le coordinate costituzionali di questo strumento, dal momento che la nostra Carta utilizza tale terminologia proprio con riferimento al diritto di riunione disciplinato nell’art. 17. Ma il passo della sentenza richiamato assume un’importanza che va anche al di là del mero dato giuridico, poiché delinea in modo puntuale le caratteristiche di questa social community: «sembra innegabile che la piattaforma sociale Facebook (disponibile in oltre 70 lingue, che già ad agosto del 2008 contava i suoi primi cento milioni di utenti attivi, classificata come primo servizio di rete sociale) rappresenti una sorta di ἀγορά virtuale. Una "piazza immateriale" che consente un numero indeterminato di "accessi" e di visioni, resa possibile da un’evoluzione scientifica, che certo il legislatore non era arrivato ad immaginare. Ma che la lettera della legge non impedisce di escludere dalla nozione di luogo e che, a fronte della rivoluzione portata alle forme di aggregazione e alle tradizionali nozioni di comunità sociale, la sua ratio impone anzi di considerare». Non solo il Costituente, ma anche il Legislatore non erano arrivati a considerare queste nuove riunioni che si possono formare on line, in cui la compresenza fisica viene meno ed il vincolo sociale è esclusivamente ideale. Assume quindi particolare rilievo non il profilo collettivo, bensì quello individuale. Nel pieno rispetto di quanto asserito dall’art. 2 Cost., quindi, anche le nuove formazioni sociali espressioni dell’uomo ricadono nella disciplina che l’ordinamento prevede, indipendentemente da qualsiasi connotazione storica (che renderebbe la norma indifferente a qualsiasi interpretazione evolutiva) o reale (che porterebbe ad escludere il web dalle garanzie costituzionali, nonostante che in esso si estrinseca la personalità umana). Non è un caso che questi principi vengono espressi dal d.d.l. costituzionale n. 1561 del 10 luglio 2014, che mira ad introdurre l’art. 34-bis nella Costituzione, secondo il quale «Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in modo neutrale, in condizione di parità e con modalità tecnologicamente adeguate. La Repubblica promuove le condizioni che rendono effettivo l’accesso alla rete internet come luogo ove si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale». In esso si descrive il web come “luogo” in cui si può realizzare l’individuo, nel rispetto dei valori espressi dalla Carta costituzionale. Il riferimento spaziale permette quindi di individuare una sorta di “mondo parallelo” in cui la persona può esprimersi, sia uti singuli che in forma collettiva. Resta da chiarire però come inquadrare queste nuove forme di assemblea, soprattutto individuare le coordinate costituzionali dalle quali dedurre i vincoli e le forme di tutela... (segue)
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