Le sentenze relative ai casi dell’Aquila, Eternit e di Stamina Foundation inducono a riflettere, alla pari di altri leading cases che hanno investito negli ultimi anni le sedi giudiziarie, intorno al complesso rapporto tra Scienza e Diritto. La peculiarità della materia scientifica, nei vari campi della speculazione umana (della biomedicina, informatica, chimica, fisica, ingegneria, ecc.), certamente condizionata dal veloce incedere delle conoscenze, rende alquanto gravoso il compito dell’interprete del diritto, dotato di una formazione prevalentemente umanistica, nell’esercizio dell’attività diretta alla risoluzione del caso di specie. L’impegno del giudice è destinato a diventare ancora più arduo, perdurando l’assenza, in taluni settori delle applicazioni biomediche – relativi, ad esempio, al trattamento degli stadi terminali dell’esistenza umana – di una adeguata disciplina normativa. La presenza di una lacuna legislativa impone, infatti, allo stesso, in ossequio al divieto di non liquet, impegnativi sforzi ermeneutici per trarre dall’ordinamento giuridico, e dai principi in esso contenuti, la norma da applicare al caso concreto, nel rispetto delle leggi di copertura più diffuse all’interno della comunità degli scienziati. L’incapacità delle Assemblee rappresentative e degli stessi partiti politici, ivi rappresentati, di accompagnare le profonde trasformazioni della società avrebbe addirittura ingenerato, nella saggia lettura offerta dall’allora Presidente della Consulta, Gaetano Silvestri, un’anomala aspettativa, se non addirittura pretesa, a favore di un intervento giudiziario, di tipo sostitutivo, in modo da consentire, comunque, la enucleazione della norma da applicare per soddisfare le attese avanzate all’interno del corpo sociale. Del resto, seppure appartenga in primo luogo alla discrezionale valutazione del legislatore, attraverso l’introduzione di specifiche disposizioni di legge, la “individuazione di un ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionalmente coinvolti”, tuttavia – sempre a giudizio del giudice delle leggi -, in presenza di una “situazione di carenza legislativa”, dovrà spettare proprio al “giudice ricercare, nel complessivo sistema normativo, l’interpretazione idonea ad assicurare la protezione degli anzidetti beni costituzionali”. Ad analoga conclusione era giunto nel 2009 lo stesso TAR Lombardia, in occasione dell’esame del caso di Eluana Englaro, nella parte in cui individuava, tra i principi di diritto radicati e risalenti “nella cultura giuridica, quello secondo cui il giudice, anche in assenza di una norma positiva espressa, non potrebbe mai ritenersi assolto dal dovere di decidere sulla richiesta di accertamento del diritto invocato dal soggetto di diritto”. Lo stesso Consiglio di Stato, che è poi intervenuto per confermare le conclusioni cui era giunto il giudice amministrativo lombardo, nel ribadire l’opportunità di un intervento legislativo, che tarda ormai da “troppo tempo”, in modo da porre rimedio all’“inquietante spazio libero dal diritto (rechtsfreier Raum)”, è giunto parimenti a sottolineare che questo persistente vuoto normativo non potrebbe certamente determinare un “diniego di tutela giurisdizionale e conseguentemente, per il principio ubi ius, ibi re medium”, una “sostanziale negazione di un diritto fondamentale” come “quello sulla propria vita e sul proprio corpo”. E così, ancora, proprio avvalendosi di questa via giurisprudenziale, che “si alimenta incessantemente” delle suggestioni provenienti dal diritto e dalla giurisprudenza sovranazionale, oltre che delle sollecitazioni interpretative di Corti (costituzionali e di merito) nazionali e straniere, si è pervenuti ad una enucleazione di ambiti di garanzia, certamente più ampi che nel passato, di alcuni diritti fondamentali dell’individuo, a cominciare dal diritto alla salute, ritenuto oggi, nell’autorevole interpretazione del giudice della legittimità, pure comprensivo del diritto di disporre autonomamente del proprio corpo, attraverso la valorizzazione in giudizio delle dichiarazioni rese dal paziente prima di cadere in uno stato vegetativo permanente... (segue)
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