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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Corte Costituzionale, Sentenza n. 5/2018, in tema di Sanità pubblica, Decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante 'Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale'.

G. Boldi, Il riparto di competenze legislative in materia di vaccinazioni (Corte costituzionale, 18 gennaio 2018, n. 5)  

Pr. Paolo Grossi, Rel. Est. M. Cartabia – Regione Veneto (Avv.ti Luca Antonini e Andrea Manzi) ed altri c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv.ti  dello Stato Enrico De Giovanni e Leonello Mariani).

 

Prevenzione delle malattie infettive - Politica statale in materia vaccinale - Obbligatorietà delle vaccinazioni - Diversa politica regionale in materia vaccinale - Superamento -  Discrezionalità del legislatore statale - Lesione delle competenze regionali – Infondatezza.

Vaccini obbligatori - Disposizioni dettate con legge dello Stato - Principi fondamentali in materia di «tutela della salute» - Lesione delle competenze regionali -   Infondatezza

 

Con la sentenza n. 5/2018, la Corte costituzionale si è pronunciata circa le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Veneto relativamente a diverse disposizioni del D.L. 7 giugno 2017, n. 73 recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale”, convertito con modificazioni dalla L. 31 luglio 2017, n. 119. Con tale intervento normativo sono state previste dieci (inizialmente dodici) vaccinazioni obbligatorie per i minori fino a 16 anni di età, inclusi i minori stranieri non accompagnati, con contestuale previsione, per i casi di inadempimento, di sanzioni amministrative pecuniarie e del divieto di accesso ai servizi educativi per l’infanzia.

Premessa una ricostruzione della disciplina in materia vaccinale precedente all’emanazione del Decreto Legge censurato, nonché del quadro normativo risultante dall’adozione di quest’ultimo e dalle modifiche intervenute in sede di conversione - le vaccinazioni obbligatorie e gratuite sono ridotte da dodici a dieci -, la Corte ha dichiarato preliminarmente ammissibili le doglianze regionali relative ai parametri estranei al Titolo V, Parte Seconda, della Costituzione, sottolineando che, pur diffondendosi in argomenti incentrati su diritti individuali (l’autodeterminazione in materia sanitaria), la Regione nondimeno descrive il proprio sistema vaccinale, segnalandone le frizioni con il diverso modello adottato dal legislatore statale e rappresentando i condizionamenti che l’autonomia regionale subirebbe dall’applicazione delle norme del DL 73/2017.

La Corte ritiene tuttavia la questione infondata, dal momento che l’inversione di tendenza impressa dalla legge statale anche a modelli in cui, come nella Regione Veneto, si era privilegiata la raccomandazione dell’obbligo di vaccinazione, non possa  essere  censurata  sul piano della ragionevolezza   per   aver   indebitamente   e   sproporzionatamente   sacrificato   la   libera autodeterminazione  individuale  in  vista  della  tutela  degli  altri  beni  costituzionali  coinvolti,  frustrando, allo  stesso  tempo,  le  diverse  politiche  vaccinali  implementate  dalla  ricorrente.  Il  legislatore,  infatti, intervenendo  in  una  situazione  in  cui  lo  strumento  della  persuasione  appariva  carente  sul  piano  della efficacia,  ha  riconfermato  e  rafforzato  l’obbligo,  mai formalmente  abrogato,  per  le  quattro  vaccinazioni  già  previste  dalle  leggi  dello  Stato,  e  l’ha  introdotto per  altre  sei  vaccinazioni  che  già  erano  tutte  offerte  alla  popolazione  come  “raccomandate”.

Venendo poi al riparto costituzionale della potestà legislativa tra Stato e Regioni, la sentenza, pur riconoscendo come la materia in esame intersechi anche materie ascrivibili alla competenza regionale, stabilisce che l’introduzione dell’obbligo vaccinale attiene prevalentemente ai principi fondamentali in materia di “tutela della salute”, attribuiti allo Stato ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Come già chiarito nella costante giurisprudenza costituzionale, infatti, il diritto ad essere curati efficacemente deve essere garantito in condizioni di eguaglianza in tutto il territorio nazionale, e deve essere riservato allo Stato il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili. La necessità dell’adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale, al fine di consentire il raggiungimento della c.d. “immunità di gregge”, rende logicamente e giuridicamente necessario l’intervento dello Stato, e obbliga le Regioni a rispettare ogni previsione di quest’ultimo, ivi incluse quelle di dettaglio che prevedano sanzioni amministrative per i trasgressori e regolino il procedimento volto ad irrogarle.

Nell’ambito della propria competenza legislativa, pertanto, il legislatore, anche in considerazione di una flessione preoccupante delle coperture e di un mutamento nella percezione collettiva circa la necessità dei vaccini, ha ragionevolmente bilanciato i molteplici valori costituzionali coinvolti (libertà di autodeterminazione individuale, tutela della salute individuale e collettiva, tutela dell’interesse del minore), esercitando la propria discrezionalità nella scelta della modalità - l’obbligatorietà vaccinale - con la quale assicurare una prevenzione efficace delle malattie infettive.



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