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NUMERO 10 - 09/05/2018

 Giustizia sportiva e tutela giurisdizionale sulle sanzioni disciplinari

Con l’ordinanza n. 10171 dello scorso 11 ottobre 2017, il TAR Lazio, sez. I-ter, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 2, c. 1 e 2, della l. 280 del 2003, già oggetto di pronuncia da parte della stessa Consulta con la sentenza n. 49/2011 nel senso di consentire al giudice amministrativo la sola cognizione della domanda risarcitoria. Viene, però, di nuovo sottolineato come rispetto all’esclusione della tutela caducatoria innanzi al giudice statale, vi siano profili di contrasto non solo con l’art. 24 Cost. (parametro su cui si è basata la sentenza n. 49), ma anche con gli artt. 103 e 113 Cost. Dopo appena sei anni di distanza, dunque, il rapporto tra la giustizia sportiva e la giustizia statale torna al vaglio dei Giudici costituzionali. E forse la ragione per cui in così pochi anni la stessa norma sia stata sottoposta per due volte alla Consulta trova il suo fondamento nel fatto che il rapporto tra il diritto sportivo e il diritto statuale sconta da sempre il problema della possibile qualificazione di quest’ultimo in termini di ordinamento. Problema che assume sovente carattere nominalistico (perché in larga parte dipendente da ciò che si intende per “ordinamento”) e che comunque è normativamente superato dall’espresso riconoscimento (sia in sede costituzionale, sia in sede di normazione primaria) dell’“ordinamento sportivo”. Dunque la questione dipende dal tipo di “ordinamento”, che può essere predicato al diritto sportivo. E la ricognizione anche sommaria del diritto positivo convince che non si tratta di ordinamento indipendente, sovrano e separato, sibbene di ordinamento autonomo, ma fortemente integrato con quello statale. E, infatti, è la disciplina statale che, sulla base di un potere legislativo espressamente previsto dalla Costituzione (ed esteso ora anche alle Regioni), fornisce i tratti salienti del sistema sportivo nazionale. E, dal punto di vista organizzatorio, lo configura come un sistema rigorosamente incentrato sul CONI, ente pubblico parastatale, sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. D’altra parte il CONI è un ente associativo delle varie Federazioni sportive (è testualmente una “Confederazione di Federazioni”), che a loro volta sono espressione dell’autonoma organizzazione del mondo sportivo (atleti, dirigenti, addetti) e delle sue varie articolazioni (a seconda delle discipline sportive). Non solo, ma dette Federazioni esprimono l’autogoverno del mondo sportivo in seno al CONI, dato che hanno un ruolo determinante nella costituzione di tutti i suoi organi. L’autogoverno del CONI, insieme al potere normativo di quest’ultimo (potere essenzialmente di regolazione) e al potere di autoamministrazione (nel controllo delle varie Federazioni), riempie di contenuti la nozione di “ordinamento sportivo”, giustificandone la qualificazione normativa. Alla quale contribuisce anche il potere di apprestare strumenti di tutela paragiurisdizionale, in vario modo coordinati con la tutela giurisdizionale dello Stato. Dunque la nozione di “ordinamento sportivo” non è solo enfatica, ma è espressiva della realtà di sistema, testé brevemente richiamata. E l’autonomia, che ad esso può predicarsi, risulta rafforzata dalla partecipazione ad un sistema organizzativo di diritto internazionale, che fa capo al CIO (Comitato Olimpico Internazionale)… (segue)



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