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FOCUS - Osservatorio Brexit N. 1 - 21/06/2017

 Il partenariato economico tra Regno Unito e Unione europea dopo Brexit

Essendo il Regno Unito una delle economie più sviluppate del mercato unico, la questione del partenariato economico con l’Unione europea assume un’importanza cruciale nel processo che porterà alla realizzazione di Brexit. Nella bozza di accordo conclusa il 14 novembre scorso (Draft Agreement on the withdrawal of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland from the European Union and the European Atomic Energy Community), questo aspetto viene affrontato con delle soluzioni di carattere trasversale e altre specifiche a determinati settori. Esse si inseriscono nel quadro generale, che prevede un periodo di transizione dalla data della conclusione dell’accordo al 31 dicembre 2020 (art. 126) – salvo eventuali estensioni decise entro il 1° luglio 2020 da un comitato congiunto Regno Unito-Unione Europea (artt. 132 e 161). Tra le questioni trasversali figurano le previsioni dell’accordo relative ai beni, ai servizi e agli investimenti, all’applicazione delle regole di concorrenza. Tra le discipline settoriali, saranno oggetto di questo approfondimento i servizi finanziari, il mercato digitale e l’energia. In materia di beni, l’accordo prevede la creazione di un’area di libero scambio, fondata sulla stretta cooperazione sul piano regolamentare e doganale. Viene affermato il principio dell’esclusione di qualsiasi tassa o restrizione di tipo quantitativo alla frontiera tra il Regno Unito e l’Unione, con la conclusione di intese per la creazione di un’unica zona doganale. In particolare, ai sensi dell’articolo 47 della bozza di accordo, rispetto ai beni che transitano tra lo spazio doganale europeo e quello britannico a cavallo della fine del periodo di transizione trova applicazione la definizione di merci unionali contenuta nel codice doganale dell’Unione, ossia quelle merci i) interamente ottenute nel territorio doganale dell'Unione, senza aggiunta di merci importate da paesi o territori non facenti parte del territorio doganale dell'Unione; ii) introdotte nel territorio doganale dell'Unione da paesi o territori non facenti parte di tale territorio e immesse in libera pratica; iii) ottenute o prodotte nel territorio doganale dell'Unione esclusivamente da merci che rientrano nei casi precedenti. Ciò implica l’estensione degli impegni del Regno Unito sulla cooperazione in materia regolamentare e doganale, con il conseguente allineamento delle norme britanniche al diritto dell’Unione e la previsione di specifiche forme di controlli alla frontiera. Tale questione assume particolare rilievo con riferimento all’Irlanda del Nord, dove la circolazione dei beni dovrà essere garantita dall’assenza di una vera e propria frontiera (hard border). Nella dichiarazione politica che ha accompagnato la bozza di accordo, le intese da raggiungere in materia di servizi e investimenti sono state definite “ambiziose, globali e bilanciate”. Le parti si impegnano ad andare oltre gli impegni assunti in seno all’Organizzazione internazionale del commercio. In particolare, le disposizioni della bozza di accordo sono in linea con l’articolo V del General Agreement on Trade in Services (GATS) relativo all’integrazione economica, che consente agli Stati contraenti di concludere altri accordi di cooperazione, a condizione che essi abbiano una buona copertura dal punto di vista settoriale (in termini di numero di settori, volumi degli scambi e modalità di fornitura) e che prevedano l’assenza di qualsiasi forma di discriminazione, attraverso l’eliminazione di quelle esistenti e il divieto di introdurne di nuove. Per quanto riguarda l’accesso ai mercati, è prevista l’applicazione del principio del trattamento nazionale, anch’esso di derivazione GATS: i fornitori di servizi e gli investitori dovranno essere trattati in modo non discriminatorio, anche per quanto riguarda il diritto di stabilimento. Pur preservando l’autonomia delle parti nell’elaborazione della propria legislazione, l’accordo prevede la promozione di approcci regolatori trasparenti, efficienti e il quanto più possibile tra loro compatibili, in modo tale da evitare l’imposizione di oneri regolatori ulteriori rispetto a quelli previsti dall’ordinamento d’origine dell’operatore. Ciò riveste una particolare importanza in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, rispetto al quale le parti si impegnano a proseguire il cammino intrapreso con le direttive in materia. In particolare, l’articolo 27 della bozza di accordo prevede che il riconoscimento, prima della fine del periodo di transizione, di qualifiche professionali di cittadini britannici ed europei e dei loro familiari da parte dello Stato ospite o di stabilimento debba continuare a produrre i suoi effetti anche dopo, incluso il diritto di proseguire la propria attività professionale nelle stesse condizioni dei cittadini di quello Stato. Viene riaffermato anche il principio della libertà di circolazione dei capitali e dei pagamenti relativi alle transazioni che rientrano nell’ambito del partenariato economico… (segue)



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