Alcune decisioni della Corte costituzionale emergono dal profluvio di sentenze e ordinanze pronunciate ogni anno, innescando dibattiti tra gli studiosi, nuovi orientamenti della giurisprudenza comune, scosse di assestamento e talvolta vibranti reazioni nel circuito dialogico delle Corti d’Europa. Sequenze numeriche si imprimono nella memoria dei costituzionalisti, apponendo dei segnavia nei sentieri della giurisprudenza costituzionale, denotandone le movenze e le evoluzioni; sentenze come la n. 183 del 1973 (nota anche come «sentenza Frontini») o la n. 170 del 1984 («sentenza Granital») sono ritenute, ad esempio, tappe fondamentali del «cammino comunitario» della Corte, in quanto hanno affrontato, con riflessioni e argomenti di ampio respiro, una questione assolutamente centrale, oggi come allora – il rapporto tra le fonti di diritto eurounitario e quelle del diritto nazionale –, e tracciato percorsi destinati a consolidarsi nei decenni successivi. L’anno 2017 ha offerto quantomeno due significative decisioni della Corte costituzionale su questioni di diritto dell’Unione europea, particolarmente rilevanti ai fini dello svolgimento della “relazione triangolare” tra giudici comuni, Corte costituzionale e Corte di Giustizia dell’Unione: l’ordinanza n. 24/2017 (ovvero il rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo nell’ambito della c.d. «saga Taricco») e la sentenza n. 269/2017. Per quanto riguarda quest’ultima, a suscitare un vivo dibattito è stato in particolare il passaggio relativo alle modalità di applicazione nel nostro ordinamento della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Di obiter dictum si trattava, ma riguardante un tema centrale, autentica chiave di volta delle relazioni interordinamentali e del dialogo tra Corti – ci si riferisce, ça va sans dire, al rinvio pregiudiziale, nello specifico all’ordine delle questioni pregiudiziali. È certo ancora presto per accostare quest’ultima pronuncia alle celebri decisioni testé citate, in quanto l’obiter della sentenza 269 ha piuttosto sollevato dubbi e incertezze che dato direttive chiare circa la strada da seguire; la Corte di cassazione non ha tardato, infatti, a chiedere chiarimenti in merito alla portata dell’innovazione annunciata dalla Corte costituzionale, e alla sua compatibilità con consolidati orientamenti della Corte di Giustizia; quest’ultima, peraltro, è sembrata voler presto rispondere, sia pure indirettamente e lateralmente, alla sent. 269/2017, con due pronunce che rinfocolano i dubbi sulla corretta interpretazione di quanto disposto dal giudice costituzionale italiano… (segue)
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