Il punto del Consiglio di Stato sugli effetti giuridici e vincolanti della fissazione dei tetti di spesa per le strutture accreditate, nell’ambito della programmazione “dei piani di rientro”.
CdS Sez. III, 1° febbraio 2019, n. 787
Pres. Lipari, Est. Rel. Altavista – Federlab Italia ed altri (Avv.to Meo) c. Regione Calabria (Avv.to Talarico), Ministero della Salute, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Commissario per l’attuazione del Piano di Rientro-Regione Calabria (Avvocatura Generale dello Stato) Asp Azienda Sanitaria Provinciale Cosenza (Avv.to Gaetano), Azienda Sanitaria Provinciale Crotone (non costituita), Laboratorio Analisi Cliniche e Radioimmunologiche Altomari S.r.l. (non costituita).
Piani di rientro - Obiettivi di contenimento della spesa - Rideterminazione dei tetti di spesa - Remunerazione delle strutture accreditate - Tariffe - Censure relative alla quantificazione - Limiti - Insuperabilità dei “Tetti di spesa” - Legittima l’applicazione ultrattiva dello sconto per la remunerazione delle strutture private accreditate.
La natura emergenziale del piano di rientro del disavanzo è giustificata dalla natura “di diritto finanziariamente condizionato del diritto alla salute” in relazione alle insopprimibili esigenze di riequilibrio finanziario degli enti del S.S.N. (Corte Cost. 248/2011 e 111/2005) che rende vincolanti gli obiettivi di contenimento della spesa, imponendo alla Regione di adottare provvedimenti adeguati, tra i quali s’iscrivono le “procedure autoritative” – esercizio della potestà programmatoria regionale – di rideterminazione dei “tetti di spesa” onde conseguire gli obiettivi vincolanti del piano di rientro (Cds Sez. III 3201/2016, 5749/2017 e 1832/2015), potendosi prevedere correttivi immediati, con sacrifici posti a vario titolo a carico di tutti coloro che operano nello specifico settore di attività ivi incluse le strutture accreditate, libere di valutare la convenienza di continuare ad operare in regime di accreditamento accettando il tariffario imposto, o porsi fuori del servizio sanitario nazionale operando privatamente (A.P. nn. 3 e 4 del 2012).
Ne deriva che la definizione dei “tetti di spesa” costituiscono gli aspetti quantitativi dei piani di rientro, imposti autoritativamente e non negoziabili dalle parti, tanto da qualificare i corrispettivi dell’attività delle strutture accreditate non quali prezzi di mercato, bensì come “tariffe”, censurabili solo ove la quantificazione sia manifestamente irragionevole ed illogica e sia fornita “una prova netta e rigorosa” della mancanza di utile per le strutture accreditate, conseguente alla riduzione delle tariffe rispetto a quelle pregresse (Cds. Sez. III 3023/2017), ovvero mediante la prova della variazione dei costi di produzione delle spese sanitarie intervenute nel tempo (Cds. Sez. III 5731/2015).
La natura autoritativa, vincolata e di programmazione finanziaria dei provvedimenti che determinano i “tetti di spesa”, discendenti da previsioni normative straordinarie volte a risanare il dissesto finanziario, esclude la configurabilità di vizi procedimentali derivanti della mancata previsione di procedure negoziali e partecipative con gli operatori privati e le associazioni di categorie, donde il Commissario attuatore del Piano di rientro non è tenuto a prendere in considerazione un precedente accordo quadro raggiunto con le associazioni di categoria.
La natura emergenziale ed assolutamente vincolante del piano di rientro, peraltro, giustifica l’esclusione di ogni forma di remunerazione oltre i tetti di spesa ivi indicati e l’esclusione di fenomeni compensativi per le prestazioni rese in favore di pazienti residenti fuori regione, stante l’insuperabilità del tetto di remunerazione fissato nella programmazione regionale. Per le stesse ragioni una volta indicata la disponibilità finanziaria del settore e il budget (per ogni singola struttura), il tetto di spesa non può essere aumentato aggiungendo l’importo del ticket versato a titolo di compartecipazione del cittadino alle spese del servizio sanitario.
Peraltro, è legittima l’applicazione dello sconto delle remunerazioni delle strutture private accreditate, per talune prestazioni sanitarie, di cui all’art. 1 comma 796 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che, sulla scorta degli indirizzi espressi dalla Corte Cost. con la sentenza n. 94/2009 e stante la natura transitoria della norma applicabile per gli anni 2007- 2009, assume la finalità di “rendere compatibile la spesa sanitaria con la limitatezza delle disponibilità finanziarie” e ciò anche quando l’applicazione dello sconto si riferisce ad un periodo successivo all’arco temporale previsto della riferita normativa nazionale, purché tale riduzione tariffaria sia riprodotta negli schemi contrattuali per l’accreditamento sottoscritti con gli operatori privati.
L.P.