L’autorizzazione all’apertura di una nuova struttura sanitaria non accreditata è subordinata alla verifica della sua compatibilità le previsioni della programmazione sanitaria regionale
TAR Calabria, sez. II, sent. 15 aprile 2019, n. 819
Pres. Durante - Est. Giancaspro – Uneba Calabria, Anaste Calabria, Vivere Insieme, San Dionigi Hospital (avv. C. Parise) c/ Regione Calabria, A.S.P. di Crotone, Commissione Aziendale dell’A.S.P. di Reggio Calabria e Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria (Avv. Distr. Catanzaro).
Struttura sanitaria non accreditata – Autorizzazione – Programmazione regionale – Compatibilità
L’autorizzazione all’apertura di nuove strutture sanitarie e sociosanitarie non convenzionate con il S.S.R., secondo quanto previsto dall’art. 8 ter, comma 3, D.lgs. n. 502 del 1992, deve necessariamente tenere conto delle disposizioni racchiuse negli atti della programmazione sociosanitaria regionale. A fronte di ciò, la Regione, nel valutare l’adozione del provvedimento autorizzativo, non può esimersi dall'operare una verifica di compatibilità finalizzata ad accertare l’armonico inserimento della struttura in un contesto di offerta sanitaria rispondente al fabbisogno complessivo di servizi ed alla localizzazione territoriale delle strutture.
Con sentenza del 15 aprile 2019, n. 819, il T.A.R. della Calabria è tornato ad occuparsi del delicato tema riguardante la realizzazione di nuove strutture sanitarie e sociosanitarie operanti in regime di non accreditamento con il Servizio sanitario regionale.
Secondo il Collegio, è illegittimo l’atto di autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria da parte di una nuova struttura non accreditata, rilasciato in assenza di una preventiva attività istruttoria tesa ad accertare l’effettiva compatibilità tra le previsioni degli atti di programmazione sociosanitaria regionale e le tipologie di servizi erogati all’interno della struttura.
In particolare, il T.A.R. della Calabria, citando una precedente pronuncia del Consiglio di Stato (Cons. St., sez. III, 7 marzo 2019, n. 1589), ha affermato che “per essenziali ragioni, che attengono non solo alla tutela della salute, quale irrinunciabile interesse della collettività (art. 32 Cost.), ma anche alla tutela della concorrenza, l’autorizzazione per la realizzazione delle strutture sanitarie e sociosanitarie che non sono in regime di accreditamento, ai sensi dell’art. 8 ter, comma 3, d.lgs. n. 502 del 1992, deve necessariamente restare inserita nell’ambito della programmazione regionale, in quanto la verifica di compatibilità, effettuata dalla Regione, ha proprio il fine di accertare l’armonico inserimento della struttura in un contesto di offerta sanitaria rispondente al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di garantire meglio l’accessibilità ai servizi e di valorizzare le aree di insediamento prioritario delle nuove strutture (Cons. St., sez. III, 4 settembre 2017, n. 4187; Cons. St. sez. III, 11 ottobre 2016, n. 4190)”.
Secondo quanto ricostruito dal Collegio, “il conseguimento del fabbisogno complessivo di prestazioni e la diffusione capillare delle strutture sul territorio” debbono considerarsi “variabili indipendenti di un’unica equazione, il cui risultato deve garantire la piena copertura della domanda e la prossimità del servizio sanitario rispetto all’utenza, scongiurando tuttavia il sovradimensionamento dell’offerta a scapito del corretto dispiegamento delle ordinarie dinamiche concorrenziali”, anche laddove, come nel caso di specie, l’apertura di una nuova struttura sanitaria non comporti alcun esborso per il pubblico erario.
M. P.