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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Consiglio di Stato, Sentenza n. 887/2020, La peculiarità dell’atto di nomina del direttore generale dell’Azienda sanitaria attribuisce al g.a. la giurisdizione sulla relativa impugnazione

Cons. Stato, Sez. III, 4 febbraio 2020, n. 887

Pres. Garofoli, Est. Maiello –  G.S., (Avv.ti Pedota e Buscicchio) c. Regione Basilicata (Avv. Bruno e Di Giacomo) c. Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza (non costituita) e c. Ministero della Salute (Avvocatura Generale dello Stato).

Il direttore generale costituisce l’organo apicale dell’Azienda sanitaria – poteri organizzativi e gestionali – funzionari neutrali – nomina in base a criteri puramente formali – non sussiste.

Direttore generale quale lavoratore autonomo – applicabilità art. 63 d.lgs. 165/2001 – rapporto di lavoro “alle dipendenze” delle amministrazioni pubbliche – inapplicabile.

Riparto di giurisdizione – natura dell’atto di nomina – atto di formazione della rosa candidati –  procedura idoneativa non concorsuale – verifica di parametri fissi predefiniti dal legislatore –binomio diritto soggettivo/obbligo –  giurisdizione g.o. – sussiste.

Successiva scelta del Presidente della Regione – atto di alta amministrazione – componente fiduciaria – binomio potere/soggezione – giurisdizione del g.a. – sussiste.

 

Il direttore generale costituisce l’organo apicale dell’Azienda sanitaria e dell’Azienda ospedaliera con ampi poteri sia tipo organizzativo che gestionale contraddistinti da significativi margini di autonomia, dovendo assicurare, sotto sua responsabilità, l’equilibrio economico dell’azienda sanitaria affidatagli similarmente ai manager privati.

I direttori generali, nel rapporto con l’organo che li nomina, assumono così le vesti di «funzionari neutrali», poiché non sono nominati in base a criteri «puramente fiduciari», essendo l’affidamento dell’incarico subordinato al possesso di specifici requisiti di competenza e di professionalità, e non richiedendosi agli stessi «la fedeltà personale alla persona fisica che riveste la carica politica», ma la «corretta e leale esecuzione delle direttive che provengono dall’organo politico, quale che sia il titolare pro tempore» (Corte cost., 5.2.2010, n. 34).

Ne discende, sul piano del regime giuridico del relativo rapporto di lavori, che quello intercorrente fra azienda sanitaria locale e direttore generale ha natura privatistica, è regolato da contratto di diritto privato, ha una durata determinata e viene stipulato a norma degli artt. 2222 e segg. cod. civ. e va, dunque, qualificato come lavoro autonomo, escludendosi l’applicazione dell’art. 63 del d.lgs. 165/2001 sulla base della quale la costante giurisprudenza aveva regolato il riparto di giurisdizione in favore di quello g.o. L’art. 63 e l’intero d.lgs. 165/2001 non possono trovare applicazione nemmeno estensiva alla nomina dei direttori generali in quanto difetta il rapporto di lavoro “alle dipendenze” dell’amministrazione pubblica che governano.

La natura autonoma del rapporto di lavoro del direttore generale consente di individuare il criterio del riparto di giurisdizione sulla base della natura dell’atto di nomina del Direttore generale da parte dell’organo politico regionale. In quest’ottica, occorre distinguere a quale delle due fasi del procedimento di nomina del Direttore Generale attiene il ricorso: se alla fase di formazione della rosa dei tre candidati idonei da sottoporre al Presidente della Regione oppure se all’ulteriore fase della procedura idoneativa condotta dall’organo politico che condurrà lo stesso Presidente alla nomina del direttore generale.

Nel primo caso anche l’accentuato elemento valutativo discrezionale introdotto dal d.lg. 171/2016, non vale ad escludere la natura di procedura idoneativa e non concorsuale della lista degli idonei che si fonda più su un giudizio tecnico ancorato alla verifica di parametri fissi predefiniti dal legislatore ricadendosi nel binomio diritto soggettivo- obbligo per il quale si configura la giurisdizione del g.o.

Nella seconda ipotesi l’atto di nomina assume le vesti dell’atto di alta amministrazione nel quale gioca un ruolo decisivo la componente fiduciaria, assicurando all’organo politico spazi di scelta funzionali ad assicurare la coerenza tra l’indirizzo politico regionale e la gestione aziendale, sicché l'aspirante non può vantare situazioni di diritto soggettivo rispetto alla nomina, ma soltanto di interesse legittimo, venendo in discussione non rapporti giuridici connotati dal binomio diritto-obbligo, ma esclusivamente la tipica relazione potere/soggezione che mira ad accertare la correttezza dell'azione amministrativa, riaffermando per l’impugnazione di quest’atto la giurisdizione del g.a.

 

L.M.P.



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