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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 L’Audizione della Corte dei conti sul bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025

Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, 2 dicembre 2022

La Corte dei conti, chiamata ad esprimersi sul disegno di legge di bilancio per il triennio 2023–2025, che interviene in campo sanitario agli artt. dal 93 al 97, ha sottolineato quanto segue.

Il disegno di legge dispone infatti l’aumento di 2 miliardi dei fondi destinati al finanziamento della spesa sanitaria.

Più nello specifico, la manovra destina 200 milioni ad incrementare, a partire dal 2024, l’indennità per il personale dei pronto soccorso. Un importo che è a valere sul Fondo sanitario nazionale e la cui corresponsione è demandata alla contrattazione collettiva. Altri 40 milioni sono riservati dal 2023 all’attuazione delle misure e degli interventi previsti nel Piano di contrasto all’Antimicrobico-Resistenza. Alle farmacie è poi riconosciuta, a decorrere dal marzo 2023, una remunerazione aggiuntiva di 150 milioni annui per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale. Una misura che è stata introdotta in via sperimentale dal 2021.Viene inoltre incrementato di 650 milioni di euro per il 2023 il fondo presso il Ministero della Salute destinato all’acquisto dei vaccini anti Sars-CoV-2 e dei farmaci per la cura dei pazienti con Covid.

La previsione della spesa sanitaria in termini di contabilità economica raggiungerebbe così i 133,8 miliardi, ponendosi in tal modo solo poco al di sotto di quella prevista per il 2022 (133,9 miliardi).

Tuttavia, nonostante l’aumento disposto, “il profilo della spesa in termini di prodotto è confermato in riduzione nel prossimo biennio (-1,1 per cento in media all’anno)”.

Il rapporto fra la spesa sanitaria e Pil, infatti, “è da porsi su livelli inferiori a quelli precedenti alla crisi sanitaria già dal 2024 (al 6,3 per cento), destinato a ridursi ancora di un decimo di punto nell’anno terminale. Con l’incremento previsto di 2 miliardi l’importo riconosciuto per la copertura del fabbisogno sanitario nazionale cresce a 128,2 miliardi nel 2023 e a 130,4 e 133,5 nel biennio successivo. La crescita rispetto al 2022 è limitata (2,1 per cento) ed è destinata in gran parte a compensare gli aumenti legati al caro energia (1,4 miliardi sono vincolati a tale obiettivo)”.

Secondo la Corte, quindi, anche dopo l’emergenza che ha caratterizzato lo scorso triennio, si ripropone il gap mai risolto tra le risorse dedicate nel nostro Paese al sistema sanitario e quelle dei principali partner europei.

Una differenza che risulterebbe aggravata anche dagli andamenti demografici: già oggi l’Italia è caratterizzata da una quota di popolazione anziana superiore agli altri paesi, quota destinata a crescere in misura significativa nei prossimi anni; elevato è poi il rapporto tra pensionati e occupati: un tasso di dipendenza che si riflette naturalmente anche sulla sostenibilità complessiva del sistema di welfare nazionale (e soprattutto su quello pensionistico).

Sono infatti molteplici le sfide che il SSN deve affrontare: vi sono rilevanti i fabbisogni di personale riconducibili a carenze strutturali e, in prospettiva, alla riforma dell’assistenza territoriale; permangono le necessità per il riassorbimento delle liste d’attesa cresciute con la pandemia; sussistono ancora incertezze in relazione a meccanismi di controllo della spesa come i tetti alla spesa per i farmaci e i dispositivi medici; va data attuazione effettiva ai nuovi Lea; continuano a persistere differenze nell’assistenza offerta a livello territoriale.

Il quadro così riassunto meriterebbe, a detta della Corte, “(…) l’assunzione di scelte impegnative per consentire, in mancanza di spazi finanziari maggiori, di recuperare risorse attraverso un più efficace processo di programmazione e razionalizzazione della spesa, ma anche di orientare adeguatamente il contributo che può venire dal Piano nazionale di Ripresa e resilienza”.

In particolare, i rilevanti investimenti resi possibili dal PNRR “dovranno puntare a recuperare un più efficiente assetto organizzativo più che ad accrescerne le strutture”.

Se, infatti, “la spesa corrente rimarrà in percentuale al PIL sui livelli attualmente previsti, a fronte di una popolazione sempre più anziana e dunque esposta a cronicità e non autosufficienza, gli investimenti dovranno consentire un miglioramento della qualità dei servizi disegnandoli sulle effettive esigenze degli utenti”.

Per la realizzazione della riforma territoriale sarà invece indispensabile “definire il ruolo che dovranno avere i medici di medicina generale, per i quali dovrà essere definito il nuovo accordo convenzionale e agevolato il ricambio generazionale”.

Al di là poi dei fabbisogni di personale legati anche alla riforma dell’assistenza territoriale, sono comunque rilevanti, secondo la Corte, le “urgenze che riguardano soprattutto il personale medico di alcune specializzazioni (medicina di urgenza, anestesia e rianimazione, etc.) e quello infermieristico, pesantemente sottodimensionato in molte aree e nel confronto con standard europei”.

La legge di bilancio interviene sul tema della “fuga dai pronto soccorsi” prevedendo uno specifico contributo (ma da attribuire nel 2024) a medici ed infermieri. Tuttavia, secondo la Corte, tale intervento, per quanto opportuno, difficilmente potrà fornire “una risposta sufficiente ad un disagio che trova fondamento anche nelle condizioni in cui medici e infermieri si trovano ad operare. La disaffezione è spesso collegata all’utilizzo improprio delle strutture di PS, chiamate a rispondere a carenze dell’assistenza territoriale che vanno al più presto affrontate. Basti pensare all’assoluta preminenza tra i casi trattati nella condizione attuale di quelli più semplici, che potrebbero trovare una soluzione più adeguata in ambito ambulatoriale (i codici bianchi o verdi rappresentano, rispettivamente, circa il 15 e il 61 per cento del totale degli accessi)”.

A.C.



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