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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 TAR PUGLIA, Sentenza n. 256/2023, Grava sulla ASL l’onere di provare che le cure riabilitative all’estero avrebbero potuto essere adeguatamente erogate anche in loco tramite il SSN

 

 

TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 20 febbraio 2023, n. 256

Pres. E. d’Arpe, Est. P. Moro

Mobilità sanitaria – Richiesta di autorizzazione e/o rimborso delle cure all’estero – Patologie gravi – Esaurimento delle possibilità di cura in Italia - Diniego di autorizzazione – Illegittimo per insufficiente motivazione – Mancata dimostrazione della possibilità di ricevere gli stessi trattamenti sanitari in Italia.

Giurisdizione del g.a. – Potere amministrativo autorizzatorio – Interesse pubblico al corretto utilizzo delle risorse – Buon andamento dell’Amministrazione sanitaria.

È illegittimo il diniego opposto dalla ASL sull’istanza di riesame del proprio precedente provvedimento di rigetto della richiesta di autorizzazione e/o rimborso delle cure all’estero presentata, ai sensi degli artt. 3 e ss. del decreto del Ministero della Salute 3 novembre 1989, dall’amministratore di sostegno di un paziente in ragione del ritenuto esaurimento delle possibilità riabilitative ottenibili presso i centri specializzati italiani.

Il Collegio riconosce, in limine, la giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, sulla scorta di quanto recentemente affermato dalla III Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 6371 del 21 ottobre 2020, in quanto il potere amministrativo autorizzatorio esercitato nella materia in esame “dialoga” con “la situazione giuridica soggettiva del cittadino che aspira ad ottenere cure gratuite all’estero, al fine di verificare il ricorrere di alcune specifiche condizioni prese in considerazione dalla legge a tutela dell’interesse pubblico al corretto utilizzo delle risorse e al buon andamento dell’Amministrazione sanitaria”.

Nel merito, i giudici ritengono illegittimo il diniego opposto dalla ASL – che aveva negato la predetta autorizzazione ritenendo insussistente la prova a sostegno della richiesta presentata in ordine all’impossibilità per il SSN di erogare cure mediche di alta specializzazione analoghe a quelle ottenute all’estero -, sostenendo che l’Amministrazione non avesse correttamente assolto all’onere istruttorio e motivazionale su di essa incombente.

Il Collegio afferma, in altri termini, che l’onere di dimostrare che il medesimo programma riabilitativo avrebbe potuto essere tempestivamente e adeguatamente effettuato in Italia, con i medesimi risultati di effettivo miglioramento nel recupero ottenuti all’estero, avrebbe dovuto essere assolto, nel caso di specie, dall’Amministrazione resistente.

La compiuta e analitica documentazione prodotta dal ricorrente, costituente sufficiente dimostrazione della presenza di elementi precisi, gravi e concordanti, circa la necessità di accedere alle cure mediche specificamente richieste, avrebbe dunque imposto alla ASL una più dettagliata motivazione del provvedimento impugnato, idonea a dimostrare che la paziente avrebbe potuto avere accesso anche in loco agli stessi trattamenti ed ottenere i medesimi risultati.

Nel caso in cui – come nella specie - ricorrano patologie gravi, in relazione alle quali la scienza medica non ha ancora raggiunto univoci traguardi di conoscenza e di terapia, conclude il Collegio, non può essere addossato al paziente “il gravoso onere di dimostrare l’efficacia e l’adeguatezza della cura all’estero, laddove non sussistano altrettante certezze per le cure in loco”; l’utilità e i risultati ottenuti in termini di guarigione o di miglioramento della qualità della vita assumono infatti un ruolo determinante ai fini dell’accoglibilità della richiesta, a meno che l’Amministrazione sanitaria non dimostri che lo stesso risultato avrebbe potuto essere raggiunto anche in Italia in termini di certezza o quantomeno di buona probabilità.

 

C.V.S.



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