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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Consiglio di Stato, Sentenza n. 2583/2023, Dubbi di compatibilità costituzionale della 'legge di sanatoria' degli effetti dei criteri CIPE di determinazione dei prezzi dei medicinali

 

Cons. Stato, Sez. IV, ord. 13 aprile 2023, n. 2583

Pres. Gambato Spisani, Est. Martino – F.I.R.M.A - Fabbrica Italiana Ritrovati Medicinali ed Affini s.p.a. (Avv. S. Grassi) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) (Avv.ra Stato)

 

Diritto farmaceutico – Fissazione dei criteri dei prezzi dei medicinali ex l. 537/1993 – Delibera CIPE 1994 – Annullamento giurisdizionale.

 

Diritto farmaceutico – Art. 36 legge finanziaria 1998 – Sanatoria della validità dei prezzi applicati secondo criteri CIPE – Natura di legge di “interpretazione autentica” – Va esclusa.

 

Diritto farmaceutico – Art. 36 legge finanziaria 1998 – Sanatoria della validità dei prezzi applicati secondo criteri CIPE –  Q.l.c. per violazione dell’art. 3 Cost. per irragionevolezza intrinseca – E’ rilevante e non manifestamente infondata.

 

Diritto farmaceutico – Art. 36 legge finanziaria 1998 – Sanatoria della validità dei prezzi applicati secondo criteri CIPE –  Q.l.c. per violazione dell’art. 24, 111, 113, e 117, comma 1, Cost. in relazione all’art. 6 CEDU per essere intervenuta su un giudizio in corso in violazione del principio del giusto processo – E’ rilevante e non manifestamente infondata.

All’esito di un contenzioso giurisdizionale che aveva condotto all’annullamento della deliberazione CIPE 25 febbraio 1994 di fissazione dei criteri per la determinazione dei prezzi dei medicinali in attuazione della l. 24 dicembre 1993 n. 537 (intervenuta a sostituire il previgente sistema dei cc.dd. “prezzi amministrati”), il legislatore introduceva l’art. 36 della l. n. 449 del 1997 (legge finanziaria per il 1998) al fine di dettare un’“interpretazione autentica” dell’art. 8, comma 12, della citata l. n. 537/1993. La disposizione conteneva, inter alia, una “clausola di salvezza” della validità dei prezzi applicati secondo i criteri indicati dal CIPE nel 1994 e medio tempore annullati dal Consiglio di Stato, che venivano tenuti fermi fino all’entrata in vigore del nuovo metodo di calcolo dei prezzi ivi previsto e allineato con il dictum giurisdizionale.

Nella pronuncia in esame il Consiglio di Stato, investito di un’azione per il risarcimento dei danni asseritamente causati alla società ricorrente da detta delibera CIPE, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 36, commi da 1 a 3, della l. n. 449 del 1997, con riferimento agli articoli 3, 24, 111, 113, e 117, comma 1, della Costituzione in relazione all’art. 6 della CEDU, muovendo anzitutto dalla considerazione che le disposizioni censurate, lungi dall’avere le caratteristiche di norme di interpretazione autentica, avrebbero “semplicemente svolto una funzione di sanatoria, dando copertura legislativa ad una fonte regolamentare annullata dal Consiglio di Stato per violazione di legge”. Individuata nella “natura solo apparente di interpretazione autentica” delle disposizioni in parola e in ciò un sintono della relativa intrinseca irragionevolezza (in ossequio all’indirizzo della Corte Costituzionale secondo cui tale carattere “costituisce già di per sé un primo sintomo, sia pure non dirimente, di un uso improprio della funzione legislativa, da cui può derivare un intrinseco difetto di ragionevolezza quanto alla retroattività del novum introdotto dalla norma asseritamente interpretativa”) il Collegio aggiunge la considerazione che “la Corte Costituzionale, sulla scorta della giurisprudenza della CEDU, ha ritenuto che i soli motivi finanziari, volti a contenere la spesa pubblica o a reperire risorse per far fronte a esigenze eccezionali, non bastano a giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi sui giudizi in corso (sentenze n. 174 e n. 108 del 2019, n. 170 del 2013)” e che “L'efficacia retroattiva della legge, finalizzata a preservare l’interesse economico dello Stato che sia parte di giudizi in corso, si pone … in contrasto con il principio di parità delle armi nel processo e con le attribuzioni costituzionalmente riservate all’autorità giudiziaria”. Applicando tali principi al caso in esame, il Collegio ritiene sussistenti gli indici sintomatici propri del vizio di irragionevolezza intrinseca.

Un secondo profilo di illegittimità costituzionale individuato dal Collegio attiene alla violazione degli articoli 24, 111, 113 e 117, comma 1, della Costituzione, quest’ultimo in relazione alla norma interposta di cui all’art. 6 della CEDU. Nello specifico, esso è ricollegato alla pendenza del contenzioso giudiziale ancora in essere al momento dell’entrata in vigore della l. n. 449 del 1997, stante la pendenza innanzi alla Corte di Cassazione dell’impugnazione della sentenza del Consiglio di Stato che aveva deciso dell’illegittimità della citata delibera CIPE del 1994. Facendo applicazione dell’orientamento della Consulta che ritiene le leggi di sanatoria non costituzionalmente precluse in via di principio purché, trattandosi di ipotesi eccezionali, la loro giustificazione sia sottoposta a uno scrutinio particolarmente rigoroso, il Collegio rintraccia una violazione delle norme parametro sopra citate non essendo possibile, in concreto, individuare i “motivi imperativi d’interesse generale”, diversi dalla salvaguardia del bilancio dello Stato, idonei a giustificare l’intervento del legislatore con efficacia retroattiva sottoposto al suo vaglio.

F.A.B.



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