La scelta di istituire la professione sanitaria dell’osteopata compiuta dal legislatore, sulla scorta di una ponderazione ex ante della sussistenza di un effettivo fabbisogno a garanzia del conseguimento di incomprimibili obiettivi di salute, tenendo conto, in particolare, dei rischi (notoriamente) connessi all’attività da regolamentare, è insindacabile dal Giudice amministrativo
Pres. Sciarra, Rel. San Giorgio – Omissis (Avv.ti L. Lamberti e A. Melpignano) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie e Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali, Ministero della Salute e Ministero dell'Università (Avvocatura dello Stato), nei confronti di Aemo S.r.l (Avv.ti T. Paparo e F. Pietrosanti) e Registro degli Osteopati d'Italia (Avv.ti G. Corbyons, A. Cappellini e M. Chiesara), e con l'intervento di A.I.Fi. - Associazione Italiana di Fisioterapia (Avv.ti L. Lamberti e A. Melpignano)
Istituzione di professioni sanitarie – Osteopata - Fisioterapista – Discrezionalità tecnico- scientifica – Sindacato del giudice amministrativo – Inammissibilità - Respinge.
Nel caso di specie i ricorrenti hanno impugnato, per l'annullamento, il D.P.R. 7 luglio 2021 n. 131 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 29 settembre 2021 e recante “Recepimento dell'Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano concernente l'istituzione della professione sanitaria dell'Osteopata, sancito il 5 novembre 2020 e rettificato in data 23 novembre 2020”, nonché tutti gli atti allo stesso connessi, presupposti o conseguenti, in particolare dello stesso Accordo recepito dal D.P.R., sancito il 5 novembre 2020 e rettificato in data 23 novembre 2020.
I ricorrenti, tutti fisioterapisti iscritti ai relativi Albi, lamentavano una sovrapposizione delle competenze della nuova figura professionale dell’Osteopata con il profilo professionale del fisioterapista e con le sue competenze esclusive. Inoltre, deducevano che la nuova figura fosse stata istituita senza dare evidenza dell’esistenza “dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovino rispondenza in professioni già riconosciute”, richiesta invece quale presupposto dal comma 1 dell’art. 5 legge n. 43/2006.
Il TAR, richiamando la disposizione di cui all’art.7 legge n. 3/2018, ha osservato che la scelta di conferire alla professione di osteopata la dignità di professione sanitaria è rinvenibile in una norma di rango primario, in funzione dell’interesse pubblico di garantire alla collettività la fruibilità di adeguati livelli di servizi e prestazioni che attengono alla sfera della salute: dunque la scelta di individuare l’osteopatia tra le professioni sanitarie è ascrivibile ad una determinazione del legislatore, compiuta sulla scorta di una valutazione preventiva di fabbisogno delle prestazioni osteopatiche, ritenuto concretamente sussistente a tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività (art. 32 Cost.).
Con specifico riferimento al processo che ha condotto a configurare la professione di osteopata quale professione sanitaria e all’esigenza di tutela della salute pubblica sottesa, il Collegio osservava come la Corte costituzionale (con ordinanza n. 149/1988) avesse ritenuto, con riguardo allora alla professione del chiropratico, ancor prima del riconoscimento della figura professionale, che la professione andava comunque considerata “un lavoro professionale tutelato, ex art. 35, primo comma, Cost., in tutte le sue forme ed applicazioni” e “una iniziativa privata libera ex art. 41 Cost.”.
Con riguardo alla pretesa violazione della previsione di cui all’art. 5, comma 1, legge n. 43/2006 (in relazione alla quale i ricorrenti assumevano che non fosse stata data evidenza né dell’esistenza dei fabbisogni di salute, né del fatto che essi non trovassero risposta nelle professioni già esistenti), il TAR ha osservato che la scelta di istituire la professione sanitaria dell’osteopata, insindacabile dal giudice, è stata compiuta dal legislatore, sulla scorta di una ponderazione ex ante della sussistenza di un effettivo fabbisogno a garanzia del conseguimento di incomprimibili obiettivi di salute, tenendo conto, in particolare, dei rischi (notoriamente) connessi all’attività da regolamentare.
Peraltro, il Collegio ha evidenziato che, nell’ambito dell’istruttoria che ha condotto all’adozione degli atti avversati, ha assunto un ruolo centrale il Consiglio superiore della sanità, che ha formulato un parere, in virtù della speciale competenza tecnica riconosciutagli, confrontando comunque le posizioni espresse dalle rappresentanze delle altre professioni sanitarie già riconosciute, che sono state sentite tutte singolarmente nell’ambito di apposite audizioni.
Per contro, è stato evidenziato che l’accordo raggiunto è stato il frutto di un’operazione di ponderata mediazione e scrupolosa armonizzazione, che ha dato voce a numerosi stakeholders, ivi compresa l’Associazione italiana dei Fisioterapisti italiani, valutando così ogni elemento utile a garantire il rispetto dei principi legislativamente posti, a tutela (e tenuto conto) della posizione di ogni soggetto direttamente o indirettamente interessato.
A conclusione dell’iter argomentativo, il TAR ha ritenuto che l’attività censurata, unitamente alle scelte alla stessa sottese, debba essere configurabile come espressione di discrezionalità tecnico- scientifica, destinata ad esplicarsi in valutazioni e apprezzamenti, riservati ai diversi soggetti pubblici intervenuti nel procedimento in virtù dell'espressa attribuzione su base normativa, condotti in ragione delle eterogenee competenze istituzionali possedute, oltre che alla luce dei parametri di carattere professionale e tecnico-scientifico di riferimento.
Peraltro, osserva il Collegio che l’eventuale sconfinamento all’atto dell’esercizio concreto della professione nell’alveo delle competenze normativamente attribuite ad altri professionisti, rappresenta una circostanza che potrà rilevare dinanzi all’Ordine professionale di appartenenza, che sarà tenuto peraltro a garantire l’osservanza da parte dei professionisti iscritti all’albo delle norme dettate dall’ordinamento ai fini della formazione, accesso ed esercizio della professione, anche attraverso l’adozione di provvedimenti disciplinari, giungendo in ipotesi fino alla sospensione o cancellazione dall’albo, con conseguente preclusione dell’esercizio della professione.
Il Tribunale concludeva, in parte, dichiarando inammissibile il ricorso e, in parte, respingendolo.
F.L.