Pres. Genovese, Rel. Nazzicone– Garante Protezione Dati Personali c. Azienda Sanitaria (omissis)
Privacy - comunicazione del dato sanitario – sanzionabilità della condotta di trattamento – cassa con rinvio.
La vertenza trae origine dall’opposizione, promossa da un’Azienda Sanitaria, innanzi al Tribunale di Ravenna. L’Azienda aveva chiesto che fosse dichiarata illegittima l’ordinanza ingiunzione per il pagamento della sanzione di € 50.000,00, emessa in data 27 gennaio 2021, n. 36, dal Garante per la protezione dei dati personali, con la quale era stato dichiarato l’illecito trattamento dei dati personali di una paziente, sottopostasi ad interruzione volontaria della gravidanza. Con sentenza del 31 marzo 2022, n. 188, il Tribunale di Ravenna aveva accolto l’opposizione, annullando l’ordinanza ingiunzione. La sentenza del Giudice di Ravenna è stata, poi, impugnata avanti la Corte di Cassazione.
Nel caso di specie, una paziente fu ricoverata presso il reparto di ginecologia per l’intervento di interruzione volontaria della gravidanza, fornendo un numero telefonico di sua pertinenza da utilizzare per i successivi contatti; mentre erano in corso le procedure di dimissione, l’infermiera fu chiamata per un’urgenza e chiese alla paziente di attenderla, ma questa si allontanò ugualmente di sua iniziativa; quindi l’infermiera, dovendo fornire necessarie indicazioni con riguardo al farmaco da assumere, tentava immediatamente di contattare la paziente utilizzando il numero scritto sul frontespizio della cartella clinica, senza notare che all’interno era ritenuto l’ulteriore recapito telefonico, ed al marito, che aveva risposto, riferì di essere infermiera presso l’Ospedale di e che doveva parlare con la moglie per una terapia, senza altro aggiungere.
In sintesi, tale vicenda aveva portato il Garante a sanzionare la condotta, per avere l’azienda sanitaria rivelato uno specifico stato di salute, comunicando a terzi dati idonei a rivelarlo, sebbene le uniche informazioni derivate dalla telefonata attengano al reparto ed il generico riferimento ad una “terapia”.
La Suprema Corte, nella sentenza qui segnalata, ha ritenuto che, alla stregua delle parole usate, il fatto stesso di comunicare l’esigenza di un trattamento sanitario e, quindi, l’esistenza di una “malattia” in senso lato – intesa, dunque, come situazione che renda necessario un trattamento sanitario - attiene a dato sulla salute: non occorre cioè, a tal fine, che sia specificato di quale trattamento o di quale malattia si tratti.
Si pensi che la Corte ha già ritenuto che anche il semplice riferimento ad un’assenza dal lavoro “per malattia” costituisca un dato personale «relativo alla salute» del soggetto cui l’informazione si riferisce (Cass. 8 agosto 2013, n. 18980), così come l’ostensione di una situazione di invalidità sia pur genericamente indicata (Cass. 26 giugno 2018, n. 16816), la necessità del lavoratore di sottoporsi a “consulenza psichiatrica” (Cass. 31 gennaio 2018, n. 2367), la indicazione della causale del bonifico richiesto in favore di un beneficiario dell’indennizzo previsto dalla I. 210 del 1992 in favore di coloro che hanno patito una infezione per effetto di trasfusione o vaccinazione e dei ai prossimi congiunti di persone venute meno a causa dell’infezione da trasfusione o vaccinazione (Cass., sez. un., 27-12- 2017, n. 30981)
La Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa innanzi al Tribunale di Ravenna, precisando che il Giudice dovrà prendere in considerazione, sotto il profilo dell’induzione in errore dell’Azienda, plurimi elementi di fatto, quali: a) la condotta della paziente stessa, che non soltanto fornì entrambi i numeri di telefono per il contatto, ivi compreso quello utilizzato, ma, soprattutto, non attese, come le era stato chiesto ed indicato, il ritorno dell’infermiera per ottenere la corretta terapia; b) la condotta di estrema diligenza dell’infermiera nel preoccuparsi di reperire la paziente, sebbene questa si fosse inopportunamente e volontariamente allontanata prima del permesso di congedo medico dalla struttura; c) l’essere la notizia comunicata, pur attinente genericamente la salute, rimasta del tutto indeterminata, potendo ben riguardare una mera visita ordinaria di controllo, sia pure in quel reparto, senza nessuna lesione della “dignità” dell’interessata, che avrebbe potuto essere in gioco solo ove fosse stata comunicata l’effettiva ragione dell’intervento terapeutico richiesto; d) il conseguente impatto limitato della notizia di una visita in un reparto sulla sfera giuridica dell’interessata; e) pure rileva la condotta della Asl, che immediatamente ritenne di notificare al Garante ed attuare altresì ulteriori misure interne; f) infine, potrà il giudice del merito considerare l’emergenza indotta da epidemia Covid in corso, che richiedeva uno sforzo straordinario del sistema sanitario per far fronte a ben altre criticità e pericoli per la vita dei pazienti.
Pur, dunque, segnalando gli elementi cui prestare attenzione e l’orientamento giurisprudenziale da considerare, la Corte ha rinviato al Giudice di primo grado che dovrà rivalutare tutte le circostanze del caso e l’errore umano, anche sotto il profilo se fu circoscritto ed indotto dal soggetto i cui dati furono comunicati.
F.L.