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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 TAR CAMPANIA, Sentenza n. 2886/2024, Il diniego al rilascio dell’autorizzazione sanitaria non può tradursi in un’interdizione sine die dell’accesso del nuovo operatore sul mercato

Pres. V. Salamone - Est. D. De Falco – Casa di Cura San Michele S.r.l. (avv. A. Testa) – c. ASL Caserta (A. Nardone) – Regione Campania (n.c.) - Comune di Maddaloni (n.c.).

Aggiornamento dell’autorizzazione sanitaria – Art. 8-quinquies del d.lgs n. 502/1992 – Richiesta di erogazione del servizio anche a pazienti esterni – Illegittimità – Blocco del rilascio delle autorizzazioni –Valutazione del fabbisogno specifico –Necessità.

La controversia ha ad oggetto richiesta di aggiornamento dell’autorizzazione all’esercizio per l’attivazione, presso il centro della ricorrente, già autorizzato e accreditato, e a titolo di implementazione del Servizio di Medicina di Laboratorio ivi esistente, del servizio di Citoistopatologia, al fine di consentire l’esecuzione di prestazioni relative al setting assistenziale di ricovero.

Dopo il primo, iniziale, parere negativo (impugnato con ricorso principale), la ASL dava parere positivo all’erogazione di prestazioni di Citoistopatologia “limitatamente ai pazienti in regime di ricovero”, cui seguiva un ulteriore parere negativo (impugnato con motivi aggiunti) a fronte dell’istanza, presentata dalla ricorrente, di estensione dell’autorizzazione sanitaria per l’erogazione del servizio anche nei confronti di pazienti esterni, in regime privatistico.

Il TAR accoglie il ricorso per motivi aggiunti, ritenendo fondata la censura con cui la struttura ricorrente riteneva il diniego della ASL foriero di un sostanziale blocco del rilascio delle autorizzazioni, scevro da qualsiasi valutazione in ordine al fabbisogno specifico.

I criteri ispiratori dell’art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. n. 502/1992, così come i valori di cui agli artt. 2, 32 e 41 Cost. e i più ampi principi invalsi nell’ordinamento euro-unitario impediscono infatti – osservano i giudici - che il diniego al rilascio dell’autorizzazione sanitaria si traduca in un’illegittima interdizione, a tempo indeterminato, dell’accesso del nuovo operatore sul mercato e, dunque, della sua libertà economica.

Il provvedimento di autorizzazione, di cui all’art. 8-ter citato, incide infatti sulle prerogative dei soggetti che intendono erogare, in regime privatistico e concorrenziale (vale a dire senza rimborsi o sovvenzioni a carico della spesa pubblica, e con corrispettivi unicamente a carico degli utenti), mezzi e strumenti di diagnosi, di cura e di assistenza sul territorio: in subiecta materia, in cui non vengono in rilievo prestazioni erogate in regime di accreditamento a carico del SSR, non è dunque configurabile una politica di contingentamento dell’offerta sanitaria, idonea a procurare posizioni di privilegio agli operatori di settore già presenti nel mercato. Se così non fosse, d’altra parte, si produrrebbero effetti equivalenti al blocco sine die del rilascio delle autorizzazioni ai nuovi operatori sanitari.

Per tali ragioni, conclude il Collegio, la doverosa valutazione preventiva del fabbisogno nell’ambito della programmazione regionale, pur richiedendo l’espletamento di complesse e articolate procedure, non può tradursi in una paralisi tendenzialmente illimitata del rilascio delle mere autorizzazioni, che non comportano, a differenza degli accreditamenti, alcun onere per la finanza pubblica; ne deriva che la P.A., anche a prescindere dalla conclusione della prescritta attività programmatoria, è sempre chiamata a compiere una valutazione puntuale del fabbisogno, attinente al caso specifico.



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