Log in or Create account

FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Corte Costituzionale, Sentenza n. 77/2024, La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 36 della l. n. 449 del 1997

La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 36 della l. n. 449 del 1997, che – pretendendo di interpretare autenticamente l’art. 8 della l. n. 537 del 1993 – aveva fatto rivivere la disciplina di cui alla deliberazione del CIPE del 25 febbraio 1994 sui prezzi delle specialità medicinali già annullata dal Giudice amministrativo.

 

Pres. A. Barbera – Est. F. Patroni Griffi

Specialità medicinali – Determinazione del prezzo – Delibera del CIPE annullata in sede giurisdizionale – Legge di interpretazione – Vanificazione degli effetti della sentenza di annullamento - Principio del giusto processo – Principio della parità delle parti in giudizio –Violazione artt. 111 e 117, comma 1, Cost. -  Illegittimità costituzionale.

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 36, commi 1 e 2, l. n. 449 del 1997 per violazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti in giudizio di cui agli artt. 111 e 117, comma 1, Cost.

La disposizione in questione pretendeva di fornire l’interpretazione autentica dell’art. 8, comma 12, l. n. 537 del 1993. Quest’ultima disposizione aveva stabilito, per la determinazione del prezzo dei farmaci, il cosiddetto regime di sorveglianza, che assumeva come parametro di riferimento il concetto del prezzo medio europeo, rimettendone al CIPE la concreta determinazione. Il Comitato interministeriale, in attuazione della l. n. 537 del 1993 aveva adottato la Delibera 24 febbraio 1994, la quale a sua volta stabiliva, tra l’altro, che la media del prezzo europeo venisse determinata “prendendo a riferimento i prezzi praticati da Francia, Inghilterra, Germania e Spagna” e che fosse calcolata utilizzando i tassi di conversione basati sulla parità del potere di acquisto delle varie monete, come determinati annualmente dallo stesso CIPE. La suddetta Delibera CIPE era stata annullata dal Giudice amministrativo (Cons. Stato, Sez. VI, 27 gennaio 1997, n. 18) “nella parte in cui prevedeva la scelta di quattro Paesi europei con cui effettuare il confronto e l’applicazione dei tassi di conversione fra le valute, basati sulla parità dei poteri d’acquisto, come determinati dallo stesso CIPE”.

A seguito della suddetta sentenza amministrativa, il legislatore, con la disposizione qui in discussione, aveva stabilito, tra l’altro, che l’art. 8, comma 12, l. n. 537 del 1993 “deve essere intesa nel senso che è rimesso al CIPE stabilire anche quali e quanti Paesi della Comunità prendere a riferimento per il confronto, con applicazione dei tassi di conversione fra le valute, basati sulla parità dei poteri d’acquisto, come determinati dallo stesso CIPE” (comma 1) e che “Dalla data del 1° settembre 1994 fino all’entrata in vigore del metodo di calcolo del prezzo medio europeo come previsto dai commi 3 e 4, restano validi i prezzi applicati secondo i criteri indicati per la determinazione del prezzo medio europeo dalle deliberazioni del CIPE 25 febbraio 1994, 16 marzo 1994, 13 aprile 1994, 3 agosto 1994 e 22 novembre 1994” (comma 2). In buona sostanza, il legislatore – aggirando la sentenza del Consiglio di Stato – aveva in tal modo fatto rivivere il metodo di determinazione del prezzo di cui alla Delibera CIPE 25 febbraio 1994 nelle more dell’entrata in vigore del nuovo metodo di determinazione.

Una Società operante nel settore dei farmaci aveva proposto al Giudice amministrativo domanda di risarcimento del danno, sostenendo, da un lato, la violazione del suddetto art. 8, comma 12, l. n. 537 del 1993 come definitivamente accertata dal Consiglio di Stato e, dall’altro, che alla fattispecie non poteva essere applicato l’art. 36, commi 1, 2 e 3, della legge n. 449 del 1997, in quanto costituzionalmente illegittimo e in contrasto con l’art. 28 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea. Il Consiglio di Stato ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale.

La Consulta ha affermato che “le questioni sono fondate con riferimento agli artt. 3, 111 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, con assorbimento delle ulteriori censure”.

In particolare, la Corte ha ribadito in via generale, da un lato, che “di fronte a una norma avente comunque efficacia retroattiva […] è necessario procedere ad uno scrutinio particolarmente rigoroso” e, dall’altro, che “Tale scrutinio diviene ancor più stringente se l’intervento legislativo retroattivo incide su giudizi ancora in corso, tanto più se in essi sia coinvolta un’amministrazione pubblica”. Inoltre, ha sottolineato che “Anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU, «solo imperative ragioni di interesse generale possono consentire un’interferenza del legislatore su giudizi in corso; i princìpi dello stato di diritto e del giusto processo impongono che tali ragioni «siano trattate con il massimo grado di circospezione possibile» (sentenza 14 febbraio 2012, Arras contro Italia, paragrafo 48)» (sentenza n. 4 del 2024)”.

Con riferimento al caso specifico, poi, ha affermato che le disposizioni oggetto del giudizio di costituzionalità “sono evidentemente finalizzate a incidere su giudizi di cui è parte la pubblica amministrazione; giudizi dei quali si vuole vanificare o comunque condizionare l’esito, anche con rferimento ai collegati profili risarcitori”. Ha aggiunto, inoltre, per confutare l’errata pretesa natura interpretativa della disciplina in parola, che “la legge n. 449 del 1997 (del 27 dicembre) è intervenuta a ben quattro anni di distanza dalla disposizione oggetto della presunta interpretazione, ossia l’art. 8 della legge n. 537 del 24 dicembre 1993, quando era già in corso un nutrito contenzioso”.

Infine, la Corte ha affermato che “è significativo che, nello stabilire la disciplina a regime della determinazione dei prezzi medi dei farmaci (art. 36, comma 3), la legge n. 449 del 1997 delinei un sistema esattamente conforme a quanto deciso con la sentenza n. 118 del 1997, per cui l’asserita interpretazione autentica (commi 1 e 2) riguarda proprio la proposizione normativa oggetto del contenzioso giudiziario e si rivela, ancora una volta, finalizzata a vanificare gli effetti della più volte citata sentenza del Consiglio di Stato a giudicato non ancora formatosi, risolvendosi nell’assunzione a livello legislativo di quanto sostenuto in giudizio dall’amministrazione pubblica e smentito dal giudice nella sua decisione”.



NUMERO 24 - ALTRI ARTICOLI

Execution time: 8 ms - Your address is 3.149.229.67
Software Tour Operator