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NUMERO 10 - 14/05/2008

 Prime osservazioni sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 129 del 2008

E’ stata tanto attesa la pronuncia della Consulta sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 630, comma 1, lett. a), del codice di procedura penale, sollevata dalla Corte d’Appello di Bologna, sez. I, con ordinanza del 15 marzo 2006.
Un’attesa alimentata anche da interrogativi sul seguito che avrebbe potuto avere, in questa occasione, la prospettiva dei rapporti tra diritto interno e diritto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) delineata dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 2007. Un’attesa condivisa anche dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che, nella Risoluzione CM/ResDH (2007)83, nel chiudere il dossier dell’esecuzione del caso cui si riferisce l’ordinanza di rimessione, prendeva atto del fatto che la questione della lacuna dell’ordinamento nazionale, che non consente il rinnovo di un processo giudicato a Strasburgo non equo, era giunta davanti alla Corte costituzionale.
E allora, a pronuncia emanata, le aspettative nate negli ultimi due anni saranno rimaste deluse per la conclusione dell’infondatezza della questione? Nel percorso argomentativo seguito dalla Consulta sarà possibile individuare un fil rouge con le sentenze nn. 348 e 349, così confermando l’assetto dei rapporti tra diritto nazionale e diritto della CEDU da quelle delineato?
Prima di tentare, con tutti i limiti delle valutazioni a prima lettura di una sentenza, una risposta a questa domanda, occorre guardare alla vicenda processuale di partenza.



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