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Con la legge 10 dicembre 2014, n. 183 e i suoi primi decreti attuativi, il disegno riformatore del mercato del lavoro, enunciato dal Presidente del Consiglio poco più di un anno fa, ha iniziato ad assumere una veste giuridica più compiuta. Si trattava, allora, di un progetto appena abbozzato, che faceva perno sulla semplificazione dell’apparato normativo, sulla riduzione delle varie forme contrattuali, con previsione di un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti, sull’introduzione di un assegno universale per chi perde il posto di lavoro e, a completare il disegno, sulla creazione di un Agenzia Unica Federale, con funzioni di indirizzo e coordinamento dei centri per l’impiego, ma anche di erogazione degli ammortizzatori sociali. Di queste linee prospettiche, solo alcune hanno trovato, ad oggi, realizzazione, attraverso l’adozione di misure che risultano, da una parte, finalizzate a rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro di coloro che ne sono ancora ai margini, in sintonia con quelle che sono le esigenze dell’attuale contesto occupazionale e produttivo; dall’altra, a consentire un adeguato supporto nel momento di cessazione del rapporto lavorativo. Si tratta di misure – è bene ricordarlo – che si inseriscono all’interno di un più ampio processo di riforme strutturali volte a favorire, da una parte, una nuova e sostenibile ripresa della crescita e dell’occupazione e, dall’altra, l’uscita dalla crisi finanziaria che attanaglia il nostro Paese, tenendo conto dei vincoli finanziari e dell’obiettivo di pareggio di bilancio in termini strutturali. Sul presupposto – certo non nuovo (e, ad oggi, dai risultati deludenti) – che il rilancio dell’occupazione passi necessariamente attraverso la revisione della legislazione lavoristica, la complessiva strumentazione prescelta dal legislatore del 2014 si incentra, ancora una volta, su un mix di politiche di flexibility e security coerenti con i principi di matrice europea. Sul primo profilo insiste il riordino delle tipologie contrattuali esistenti, per renderle «maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo» (art. 1, co. 7, l. n. 183/2014), ribadendo il ruolo prioritario del contratto a tempo indeterminato quale forma comune di contratto di lavoro; ma, soprattutto, la previsione, per tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato, di un contratto di lavoro caratterizzato da un ridimensionato regime protettivo in caso di licenziamento illegittimo. Su tale assetto di regole si incentrano le attese di un aumento significativo della quota di assunzioni a tempo indeterminato sul flusso complessivo dei nuovi contratti; incremento che risulta, poi, fortemente incentivato dalla previsione di consistenti sgravi contributivi per i primi tre anni di impiego: di modo che l’eventuale raggiungimento della stabilizzazione occupazionale dovrà essere ricondotto alla combinazione sinergica delle due misure, con probabile preponderanza della seconda sulla prima. Alla ridefinizione delle regole di flessibilità in entrata fa da pendant la revisione del sistema degli ammortizzatori sociali, nell’evidente auspicio di riequilibrare l’abbassamento delle tutele interne al rapporto con l’incremento di quelle apprestate nel mercato del lavoro. Il riordino, in particolare, degli strumenti di sostegno al reddito in caso di perdita del lavoro riveste, in quest’ottica, un indubbio rilievo, se si considerano i dati sempre più allarmanti sui trend occupazionali dell’ultimo periodo, che evidenziano un costante incremento del tasso di disoccupazione, con una dinamica più sostenuta per quello giovanile e per quello relativo ai disoccupati di lunga durata. Il dato generazionale non deve essere sottovalutato, se si considera che i giovani costituiscono il target di riferimento privilegiato dei contratti di lavoro flessibili, con una assoluta prevalenza femminile in occupazioni con contratti di lavoro a tempo parziale, specie di tipo involontario. Il disegno riformatore del 2014 è poi completato da un terzo tassello, rinvenibile nel potenziamento dell’efficienza del sistema dei servizi per l’impiego. La legge delega si preoccupa, ancora una volta, di ridisegnare un sistema di servizi capace di supportare l’intreccio tra politiche attive e politiche passive, collegando seriamente l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, che costituiscono una risorsa nazionale, alle politiche attive, che ad oggi rinvengono il loro perno operativo nei centri per l’impiego. L’obiettivo viene perseguito attraverso la previsione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, con competenze gestionali non solo in materia di servizi per l’impiego e politiche attive, ma anche dell’Aspi (art. 1, co. 3, lett. c), ss., legge n. 183/2014, da intendersi oggi riferito alla Naspi). L’intervento investe, dunque, il profilo dellagovernance, in risposta all’inadeguatezza dimostrata, il più delle volte, dai centri per l’impiego nella gestione delle politiche attive e nell’accertamento degli obblighi di condizionalità per l’accesso alle politiche passive. La devoluzione, all’Agenzia nazionale, della gestione integrata delle politiche attive e dei sussidi di disoccupazione pone problemi di compatibilità con la vigente ripartizione di competenze tra Stato e Regioni ex art. 117 Cost.. E probabilmente il ritardo nell’attuazione di questa delega è riconducibile all’attesa che si porti a compimento il progetto di revisione del Titolo V della Costituzione (ddl costituzionale A.S. 1429-B), ove si prevede – tra l’altro – la riscrittura dell’art. 117 Cost. e, per quanto rileva in questa sede, la riconduzione nella potestà legislativa esclusiva dello Stato della “tutela e sicurezza del lavoro”, così come delle “politiche attive del lavoro”. Si è in presenza dunque, in questa materia, di un opera in costruzione, che – nonostante i tanti interventi già realizzati nel corso degli ultimi anni – ancora stenta a trovare un suo assetto definitivo, funzionale ad assicurare l’efficiente incontro tra domanda e offerta di lavoro. Assetto particolarmente urgente, soprattutto per superare quelle eterogeneità territoriali che stanno interessando, da ultimo, la concreta attuazione del programma europeo di Youth Guarantee... (segue)
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