Il 4 dicembre u.s. il CENSIS ha presentato il Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, un appuntamento orami atteso dalla cultura e dalle istituzioni, non solo italiane. Da 54 anni, infatti - quando Giuseppe De Rita, Gino Martinoli e Pietro Longo, riprendendo un progetto statunitense che poi non ebbe corso, fondarono il Centro studi investimenti sociali - il Censis fotografa la situazione sociale italiana, avvalendosi di sondaggi assai più mirati di quelli tradizionali, di una capacità di dissotterrare dati sottovalutati da altri, e soprattutto, di un team addestrato alla ricerca di ciò che di “nuovo” si muove nella società. Inoltre già dal 1967 (in cui uscì il primo storico Rapporto in cui si celebrava l’addio alla “società semplice”) quasi ogni anno vengono coniate definizioni icastiche, con l’intento di scuotere un dibattito mediatico sempre più autoreferenziale e ripetitivo. Per fermarsi agli ultimi anni, nel Rapporto del 2017 c’era l’Italia del rancore e del consumo, un Paese in cui il presente sembrava incollarsi al futuro, una società sgranata e sempre più individualista privata della passione di pensare al futuro e una politica che inseguiva i like. Il 2018 era l’anno del “sovranismo psichico”, di un’Italia resa cattiva dal sovranismo e che aveva nel migrante il capro espiatorio; il 2019 invece l’anno di un’Italia incerta, vittima della sfiducia. Il 2020 è l’anno della paura “nera” definito da due slogan assai suggestivi che fanno molto pensare: “meglio sudditi che morti” e il “sistema-Italia è una ruota quadrata che non gira”. C’era già stato un anno definito da paura, il 2008, ma quest’anno essa si è fatta “nera”, perché il Covid – un virus vero - sembra aver innescato una paura più generale, quella per e del futuro: “Spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza: ecco l’Italia nell’anno della paura nera, l’anno del Covid-19. Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell’ignoto e nell’ansia conseguente il sentimento prevalente in famiglia. In questi mesi, il 77% ha visto modificarsi in modo permanente almeno una dimensione fondamentale della propria vita: lo stato di salute o il lavoro, le relazioni o il tempo libero” (La società italiana al 2020. L’anno della paura nera. Meglio sudditi che morti: le vite a sovranità limitata degli italiani e le scorie dell’epidemia, p. 3)… (segue)
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