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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Autorizzazione, accreditamento e accordi

L’autorizzazione sanitaria è il titolo abilitativo che deve essere posseduto dalle strutture che intendono erogare prestazioni sanitarie a carico del SSN. Le richieste di realizzazione della struttura sanitaria e di esercizio della relativa attività costituiscono la prima delle tre A (Autorizzazione, Accreditamento e Accordi contrattuali) che caratterizzano la regolamentazione delle attività sanitarie e socio sanitarie nel nostro Paese.

Il terzo comma dell’art. 8 bis del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dall’art. 8 del d. lgs.19 giugno 1999, n. 229, recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria”, dispone infatti che “La realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie, l'esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter, dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8- quinquies. La presente disposizione vale anche per le strutture e le attività socio-sanitarie”.

Il tema delle autorizzazioni sanitarie e socio sanitarie deve essere inserito nell’attuale panorama normativo che vede da un lato, a livello costituzionale, la consacrazione di un disegno pluralistico in materia di diritti sociali, valevole anche per l’erogazione sanitaria, in virtù del quale si afferma che “l’assistenza privata è libera” (art. 38 Cost.) e, dall’altro, il riconoscimento da parte della legge ordinaria di prestazioni sanitarie gratuite non solo agli indigenti, bensì a “tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali” (art. 1, co. 2, l. 833/1978) conformemente al sistema universalistico concepito a livello legislativo dalla l. n. 833/1978, istitutiva del SSN.

In relazione al rapporto fra pubblico e privato nell’erogazione delle prestazioni sanitarie per conto del sistema pubblico, osservando l’evoluzione normativa e giurisprudenziale intervenuta sul tema, è possibile registrare una trasformazione strutturale del sistema nato, in una prima fase, come “aperto”, almeno riguardo alle prime due A (Autorizzazione e Accreditamento) e vincolato alla programmazione per la sola fase degli accordi, e successivamente evolutosi in un nuovo meccanismo che prevede ulteriori forme autorizzative correlate alla realizzazione delle strutture che vincolano l’intero percorso alla programmazione regionale.

Dall’analisi della giurisprudenza è possibile dedurre in primo luogo che i riferiti strumenti autorizzatori, per l’importanza degli interessi pubblici coinvolti, radicati all’art. 32 Cost., sono necessariamente rilasciati a condizione della contestuale presenza di requisiti soggettivi (titolarità e moralità del titolare) ed oggettivi (idoneità della struttura) e in secondo luogo che, visto il loro carattere fiduciario, hanno natura strettamente personale sicché non sono in alcun modo trasmissibili tramite negozi privatistici (per il generale principio d’immutabilità dei soggetti autorizzati nei rapporti con la p.a.). Ne deriva che il soggetto che, previa veridica del possesso dei requisiti, divenga titolare di autorizzazione, deve necessariamente coincidere con la persona del gestore dell’attività sanitaria assentita.

E’ opportuno, infine, rilevare che la tematica delle autorizzazioni alla realizzazione e all’esercizio di attività sanitarie presenta numerosi addentellati anche con le problematiche connesse al riparto di competenza legislativa Staro-Regioni. La Consulta ha recentemente ribadito che “se è condivisibile che la competenza regionale in tema di autorizzazione e vigilanza delle istituzioni sanitarie private vada inquadrata nella potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute (di cui all’art. 117, comma terzo, Cost.), resta, comunque, […] precluso alle Regioni di derogare a norme statali che fissano principi fondamentali” (Corte Cost., 7 giugno 2013, n. 132).

L'accreditamento istituzionale è il provvedimento con il quale si riconosce alle strutture private, già autorizzate (v. supra), lo status di potenziali erogatori di prestazioni sanitarie nell'ambito e per conto del Servizio Sanitario Nazionale.

Il meccanismo dell’accreditamento è stato inizialmente concepito come una sorta di abilitazione fondata sul possesso di requisiti determinati (tecnologici e organizzativi) in linea con il principio di “parità delle armi” fra soggetti pubblici e privati enunciato a livello normativo in un’ottica di incentivazione alle logiche concorrenziali. L’idea di partenza era che la separazione tra il soggetto erogatore della prestazione (ossia la struttura pubblica o privata) e il soggetto tenuto al pagamento del prezzo della stessa (l’Asl) avrebbe contribuito a promuovere un confronto competitivo e virtuoso tra le strutture aspiranti all’accreditamento.

Le esigenze di controllo della spesa e la maturata consapevolezza della limitatezza delle risorse hanno ben presto modificato il panorama, facendo dell’accreditamento uno strumento di programmazione sanitaria regionale, con conseguente trasformazione del mercato di riferimento da luogo di libero accesso competitivo, come era stato pensato, a spazio regolato dall’ente regionale (non solo soggetto pagatore ma anche provider operante esso stesso nel mercato), abilitato a stabilire il numero di soggetti accreditati.

La giurisprudenza degli ultimi anni conferma il venir meno del “diritto” all’accreditamento potendo la Regione – tenuta ad individuare, per il tramite della programmazione, la quantità di prestazioni erogabili nel rispetto di un tetto di spesa massimo – accreditare nuove strutture solo in presenza di un effettivo fabbisogno assistenziale (si parla di “atto attributivo di compiti pubblici di natura discrezionale che trova i suoi presupposti logico-giuridici, oltre che nell’effettivo fabbisogno assistenziale, quale risulta in concreto dal disposto piano sanitario regionale, anche nell’ineludibile esigenza di controllo della spesa sanitaria nazionale” (cfr. Cons. St., sez. V, n. 4076/2008).

In proposito, la Corte Costituzionale ha di recente ribadito (cfr. Corte cost., 7 giugno 2013, n. 132) che la competenza regionale in materia di autorizzazione ed accreditamento di istituzioni sanitarie private deve essere inquadrata nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, vincolando le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

Dalla descritta evoluzione deriva che l’istituto in esame, perdendo la sua originaria identità di pura valutazione tecnica ai fini dell’ingresso sul mercato, diviene vera e propria barriera all’accesso, rapportata al fabbisogno complessivo di assistenza valutato dall’autorità regionale.

Il riferito contesto ha generato un notevole contenzioso fra strutture private, da una parte, e Asl e regioni dall’altra. In particolare, uno dei temi più controversi riguarda proprio la fase del rilascio dei titoli abilitativi, fase costitutiva del rapporto con il SSN, con problematiche connesse anche alla conformazione strutturale dello stesso sistema di accreditamento.

Le contestazioni sorgono tanto in ordine al possesso dei requisiti necessari ai fini dell’autorizzazione o dell’accreditamento, che sul versante del c.d. “blocco” degli accreditamenti e sul ritardo con cui il sistema accreditamento è entrato “a regime”.

L’accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie (v. voce dedicata) attribuisce loro la qualifica istituzionale di gestori del servizio pubblico, ma non consente all’accreditato di erogare prestazioni a carico del SSR se non previa conclusione di appositi accordi. L’accreditamento, in altri termini, non costituisce un vincolo per le Aziende sanitarie a corrispondere al soggetto accreditato una remunerazione per le prestazioni erogate, potendo tali prestazioni essere remunerate solo nei limiti dei tetti di spesa stabiliti contrattualmente.

Gli accordi tra fornitori privati e assistenza sanitaria definiscono il programma di attività, con l’indicazione dei volumi e delle tipologie di prestazioni erogabili e la loro remunerazione massima. L’art. 8-quinquies del d.lgs. 502/92 recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421” ha inserito la disciplina dello strumento dell’accordo che deve essere sottoscritto dalla struttura privata perché questa possa erogare prestazioni in regime di accreditamento.

Il descritto sistema implica che i soggetti privati accreditati rendano assistenza agli utenti del SSN alla stessa stregua delle strutture pubbliche nei soli limiti dell’accordo stipulato con la Asl ed avente ad oggetto il volume massimo delle prestazioni erogabili ed il relativo costo.

Ne consegue che l’attività contrattuale si pone necessariamente a valle della fase autoritativa di programmazione che compete alla Regione, la quale non solo definisce unilateralmente il tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni ed i preventivi annuali delle prestazioni, ma vincola la successiva contrattazione dei piani determinandone modalità ed indirizzi (cfr. Cons. St., ad. plen., 12 aprile 2013, n. 3).

La descritta “bifasicità” dell’iter che consente al privato l’erogazione di prestazioni a carico del SSN, genera un contenzioso sulla giurisdizione competente a conoscere dell’accordo tra privati e assistenza sanitaria nel caso in cui, per qualsiasi ragione, difetti la previa adozione in via autoritativa da parte della Regione del provvedimento di ammissione all’erogazione di prestazioni sanitarie (accreditamento).

Il riferito panorama determina l’insorgenza di un contenzioso che vede contrapposto da un lato, l’interesse delle strutture private che, nella fase “esecutiva” successiva all’accreditamento, si trovano appesantite da eccessi di programmazione, e, dall’altro, l’interesse delle strutture pubbliche a tutelare le proprie esigenze di contenimento di spesa e ad inibire eccessive aperture del mercato.

(aggiornata al 2014)

Flaminia Aperio Bella 



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