editoriale di Marco Olivetti
Gli organizzatori del convegno – che ringrazio per avermi dato la possibilità di intervenire in una sede così autorevole e di partecipare a questo interessante dibattito – mi hanno chiesto di illustrare le ragioni di quella che è considerata una delle due “strade” entro cui incanalare il processo riformatore di cui si discute in Italia da ormai un ventennio e che è entrato in una nuova fase dopo le elezioni dello scorso mese di febbraio. Ragionare di una “soluzione parlamentarista” può voler dire molte cose, anche in quanto, com’è noto, esistono diverse varianti del regime parlamentare. In primo luogo potrebbe voler dire che la forma di governo italiana funziona bene così com’è e che dunque il problema delle riforme è in sé mal posto. Anche in questa prospettiva, forse non si vuole negare che esistano disfunzioni del sistema politico, ma le cause di tali disfunzioni non starebbero nell’assetto costituzionale: esse andrebbero invece individuate nelle caratteristiche del personale politico, nella degenerazione del sistema dei partiti, nella cultura politica e – soprattutto dopo la riforma elettorale del 2005 – nella legislazione elettorale. Questa impostazione non nega in radice che siano necessarie alcune riforme costituzionali, ma tende da un lato a minimizzarne la portata, limitandola a singoli, specifici meccanismi e dall’altro a porre, se così si può dire, “alla fine” la riforma costituzionale, magari come coronamento di cambiamenti o riforme che attengono agli altri fattori prima ricordati. All’interno di questa posizione si nascondono, poi, diversi scenari per... (segue)