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La creazione di strutture collegiali, più o meno rappresentative, con il compito di governare i corpi giudiziari è un fenomeno che ha caratterizzato il nostro Paese nella seconda metà del Novecento. Già nel 1946, con la riforma Togliatti, veniva istituito un Consiglio superiore della magistratura di natura almeno parzialmente rappresentativa, dotato di una serie di competenze in materia di carriera e disciplina dei magistrati ordinari. Come è ben noto, la Costituzione ha poi rafforzato notevolmente le competenze del Consiglio, stabilendo inoltre una composizione mista, con due terzi dei componenti togati ed il restante terzo di laici. A partire dal 1959 – data in cui si è data attuazione alla Costituzione anche in questo campo - il Consiglio Superiore della Magistratura ha assunto un ruolo di estremo rilievo nel nostro sistema costituzionale, diventando sempre più rappresentativo del corpo giudiziario, a mano a mano che le successive riforme elettorali hanno allargato l’elettorato “togato”.
Nonostante il successo ottenuto a livello internazionale, il funzionamento del nostro CSM non è stato privo di critiche. Anzi, si può tranquillamente affermare che le critiche si sono infittite col tempo, a mano a mano che certe disfunzioni emergevano più chiaramente. Anche se talvolta sono state avanzate da parti interessate – che si ritenevano escluse o marginalizzate dai processi decisionali del Consiglio – non possono essere trascurate. Riassumendo un dibattito ricco ed articolato, le principali osservazioni critiche che sono state fatte al nostro CSM sono di due ordini: la prima riguarda quello che si può definire – con un’espressione un po’ sbrigativa – il “circolo vizioso della valutazione”; la seconda tocca quella che viene spesso denunciata – anche in questo caso in termini un po’ schematici – come la “politicizzazione” del Consiglio... (segue)
Nell’assordante silenzio della legge elettorale per la Camera dei Deputati e per il Senato in tema di misure volte al riequilibrio tra i sessi nell’accesso alla rappresentanza politica, era lecito nutrire ben più di un’aspettativa al riguardo nei confronti delle leggi elettorali regionali.
Con due deliberazioni successive (la n. 356 del 6 agosto 2009 e la n. 371 dell’8 ottobre 2009), il Consiglio regionale calabrese ha abrogato tre disposizioni dello Statuto della Regione, fra cui (oltre all’art. 7, relativo alla Consulta dell’ambiente e all’art. 56, sul Consiglio regionale dell’economia e del lavoro), l’art. 57, relativo alla Consulta statutaria... (segue)
Con l’approvazione della legge regionale 23 luglio 2009, n. 40 (Legge di semplificazione e riordino normativo 2009), oltre ad introdurre un’ampia serie di misure di semplificazione amministrativa generali e settoriali, la Regione Toscana ha inteso perseguire direttamente anche la finalità della «semplificazione del sistema normativo regionale»... (segue)
L’art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, prevede che la Corte costituzionale possa, nell’ambito del conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni o tra Regioni, sospendere per gravi ragioni e con ordinanza motivata l’esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto stesso. La sospensione, ai sensi dell’art. 28 delle Norme Integrative, può essere chiesta in qualsiasi momento, anche nell’udienza di discussione, e la Corte provvederà al riguardo... (segue)