editoriale di Vincenzo Lippolis
L’attuale legislatura sta realizzando un esito paradossale quanto all’evoluzione del regime politico. Nata all’insegna del consolidamento del sistema bipolare e destinata addirittura, per numerosi commentatori, a segnare l’inizio di un percorso verso un sostanziale bipartitismo, essa sta smentendo clamorosamente queste previsioni. Le votazioni fiduciarie sul governo Berlusconi del 14 dicembre 2010 hanno costituito il momento topico di questa inversione di tendenza contraddistinta dal venir meno della coesione interna di vari partiti, dal rinascere della c.d. “mobilità parlamentare” parlamentare e, infine, dalla costituzione di un “terzo polo”.
Su questa già intricata situazione è venuta ad inserirsi la vicenda della nuova inchiesta della procura della Repubblica di Milano nei confronti del presidente del consiglio, che potrebbe avere ripercussioni importanti sull’equilibrio del quadro politico.
Ripercorriamo ora brevemente la parabola della legislatura per cercare di comprendere le ragioni del fenomeno e valutare le prospettive dei rapporti tra le forze politiche, per quanto ciò sia possibile data la situazione di estrema fluidità, se non di vera e propria confusione.
Alle elezioni del 2008 si erano presentate due nuove formazioni: il Partito democratico (costituitosi nel 2007 con la fusione dei Democratici di sinistra e della Margherita) e il Popolo della libertà (costituito dalla unione di Forza Italia e Alleanza nazionale). Due partiti definiti a “vocazione maggioritaria” perché la loro finalità era quella di dar vita a due aggregazioni destinate ad essere i maggiori e più significativi contenitori politici della destra e della sinistra dello schieramento politico e determinarne una drastica semplificazione.
La vocazione maggioritaria delle due nuove formazioni si manifestò concretamente in una nuova utilizzazione del sistema elettorale previsto dalla legge 270 del 2005. Infatti, mentre nella tornata del 2006 per poter ottenere il premio di maggioranza erano state costituite eterogenee “coalizioni acchiappatutto”, nel 2008 i due nuovi partiti limitarono le alleanze elettorali all’IDV il Pd e alla Lega e all’ MPA il Pdl. Ne risultarono esclusi l’UDC, gli spezzoni della sinistra neocomunista e la Destra che presentarono autonome liste. Solo l’UDC riuscì a superare lo sbarramento elettorale e si collocò al centro dello schieramento politico.
Il vecchio fenomeno della frammentazione partitica del nostro sistema politico sembrava colpito al cuore e ne risultò una drastica riduzione del numero dei gruppi parlamentari (6, compreso il gruppo misto, sia alla camera che al senato)...