editoriale di Enzo Balboni, Massimo Carli
Chi scrive di regioni, autonomie, federalismi in queste settimane di pieno autunno 2012 patisce fortemente la contingenza immediata e si percepisce come chi, travolto da una piena tanto improvvisa quanto devastante, annaspa in un mare di fango, di detriti e di sporcizia. I clamorosi casi di mala gestione, ma anche di vera e propria corruzione, venuti alla ribalta di recente in due regioni capofila dell’assetto istituzionale italiano, Lazio e Lombardia, uniti al crollo dell’affluenza alle urne in Sicilia, non sono purtroppo fatti isolati né folkloristici, ma attestano quantomeno una qualità di amministrazione pessima – sia come attività che come controlli – e ciò rischia di travolgere l’idea stessa di autonomia regionale e locale. Ѐ quasi irreparabile lo sfregio che le squallide gesta di non pochi “servitori” dell’istituzione hanno inferto all’immagine e alla sostanza di quella che fu l’idea di Sturzo e di Ambrosini, dei Costituenti, di una non piccola parte della dottrina autonomistica: Carlo Esposito, Temistocle Martines, Livio Paladin, Feliciano Benvenuti, Giorgio Berti, Umberto Pototschnig, Giorgio Pastori e Umberto Allegretti – per fare i primi nomi che vengono alla memoria e alla penna. Per misurare la distanza dell’oggi opaco rispetto ad un ieri luminoso, quantomeno sul piano ideale, basterà ricordare la solenne disposizione normativa ed ideologica, – perché costitutiva di un certo tipo di legame sociale – relativa al “riconoscimento” dell’autonomia locale. Non per caso né per accidente essa venne trasposta, consapevolmente e per espressa volontà... (segue)