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FOCUS - Human rights N. 2 - 17/05/2013

 Brevi note a margine della sentenza della suprema Corte sul “Caso Sallusti”

La sentenza del 26 settembre 2012 (depositata il 23 ottobre 2012), n. 41249, della V sezione penale della Corte di Cassazione, che ha deciso in via definitiva sul noto “caso Sallusti”, affronta sotto molteplici aspetti la delicata tematica del bilanciamento tra la libertà di informazione (diritti di cronaca e di critica, che rientrano nella libertà di manifestazione del proprio pensiero) e il diritto alla reputazione. Sono trattati i profili costituzionali e quelli sovranazionali della materia, con particolare riferimento alla Convenzione EDU; sono chiariti i rapporti tra l’ordinamento interno e quello derivante dalla stessa Convenzione EDU; sono ovviamente approfonditi i profili penali relativi alla qualificazione della condotta del direttore responsabile del giornale, sia a titolo di colpa (art. 57 c.p.) che a titolo di concorso nel reato di diffamazione (artt. 110 e 595 c.p.); sono infine esaminate le problematiche in tema di trattamento sanzionatorio, anche alla luce della normativa europea, e si dà conto delle conseguenze derivanti da una lesione, quella del “bene” reputazione, suscettibile di essere risarcita a titolo di danno non patrimoniale. La Corte di Cassazione, innanzi tutto, sgombra il campo da qualsiasi concezione del diritto del giornalista di manifestare liberamente il proprio pensiero (ex art. 21 Cost. e art. 10 Convenzione EDU) che sia a priori prevalente su ogni altro diritto costituzionalmente garantito o convenzionalmente protetto. La tesi (cui sembra alludere, almeno da quello che emerge dalla lettura della sentenza, anche la difesa del ricorrente) secondo cui la libertà di pensiero sarebbe un valore assoluto non trova effettivi riscontri nel nostro ordinamento, il quale, nel sancire solennemente il diritto ex art. 21 Cost., riconducibile anche ad un diritto inviolabile dell’uomo, non ha però inteso sacrificare incondizionatamente gli altri valori del pari tutelati in sede costituzionale. Il problema, tuttavia, sta tutto nel definire quale sia il giusto contemperamento e nello stabilire quale debba essere la reazione dell’ordinamento in presenza di condotte illecite in questa materia “sensibile”... (segue)



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