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FOCUS - Human rights N. 3 - 24/10/2014

 Brevi note a margine dell’introduzione dei rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza Torreggiani, tra l’altro, si è soffermata sulla necessità che lo Stato Italiano  organizzi “il suo sistema penitenziario in modo tale che la dignità dei detenuti sia rispettata”; sulla necessità che ai detenuti e agli internati sia offerta  in una condizione di sovraffollamento, “una riparazione appropriata su scala nazionale”; sulla necessità che lo Stato consenta a “chiunque abbia subito una detenzione lesiva della propria dignità di ottenere una riparazione per la violazione subita” riparazione che deve essere, secondo la Corte, “diretta e appropriata e non semplicemente indiretta” e consistere “non solo o non esclusivamente in rimedi risarcitori” ma anche in “rimedi preventivi”;  la Corte è perentoria, in particolare, nell’affermare, nella sentenza Torreggiani, che “le Autorità Nazionali devono creare senza indugio un ricorso o una combinazione di ricorsi che abbiano effetti preventivi e compensativi e garantiscano realmente una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia”. Con l’art.1 del Decreto Legge n.92/2014 (definitivamente approvato dal Parlamento) è stato introdotto nell’ordinamento penitenziario (L.n.354/1975) l’art.35 ter, in base al quale lo Stato Italiano ha dichiaratamente ottemperato alle indicazioni sopra riportate della sentenza Torreggiani. Secondo il disposto dell’art.35 ter della Legge n.354/1975 “quando il  pregiudizio  di  cui all'articolo 69, comma 6, lett. b), consiste, per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l'articolo  3  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai  sensi della legge 4 agosto 1955, n.  848,  come  interpretato  dalla  Corte europea dei diritti dell’uomo, su istanza  presentata  dal  detenuto, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, il magistrato di sorveglianza dispone,  a  titolo  di  risarcimento  del danno, una riduzione della pena detentiva  ancora  da  espiare  pari, nella durata, a  un  giorno  per  ogni  dieci  durante  il  quale  il richiedente ha subito il pregiudizio. Quando il periodo di pena ancora  da  espiare  è  tale  da  non consentire la detrazione dell'intera misura  percentuale  di  cui  al comma  1,  il  magistrato  di  sorveglianza   liquida   altresì   al richiedente,  in  relazione  al  residuo  periodo  e  a   titolo   di risarcimento del danno, una somma di denaro  pari  a  euro  8,00  per ciascuna giornata nella quale questi ha  subito  il  pregiudizio”. La norma poi,  occupandosi dei detenuti in attesa di giudizio, prosegue affermando che “coloro che hanno subito il pregiudizio di cui  al  comma  1,  in stato  di  custodia  cautelare  in  carcere  non  computabile  nella determinazione  della  pena  da  espiare  ovvero  coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono proporre azione, personalmente ovvero  tramite  difensore  munito  di  procura speciale, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio hanno la residenza. L'azione deve essere proposta, a  pena di  decadenza,  entro  sei  mesi  dalla  cessazione  dello  stato  di detenzione o della custodia cautelare in carcere. Il tribunale decide in composizione monocratica nelle forme di cui agli  articoli  737  e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che definisce  il procedimento non è soggetto a reclamo. Il risarcimento del danno è  liquidato nella misura prevista dal comma 2.».”... (segue)



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