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FOCUS - Human rights N. 4 - 25/09/2015

 Le relazioni ellittiche tra la normativa statunitense antiterrorismo e la risoluzione 2178 (2014) del Consiglio di sicurezza

La risoluzione 2178 (2014), frutto dei tanto discussi poteri legislativi del Consiglio di Sicurezza, ha inaugurato una fase del tutto inedita nella lotta al terrorismo internazionale che identifica nei Foreign Terrorist Fighters una delle minacce attualmente più dirompenti. Gli stessi contribuiscono ad amplificare la durata e l’intensità dei conflitti armati e costituiscono, allo stesso tempo, un fattore di rischio per la sicurezza del loro Stato di origine, degli Stati in cui transitano e dello Stato nel quale sono diretti. Nei confronti del fenomeno in oggetto – e degli obblighi determinati dalla risoluzione 2178 (2014) per contrastarlo - gli Stati Uniti d’America si presentano in modo significativamente differente rispetto alla generalità degli altri Stati. Nel caso statunitense, la risoluzione si colloca in un quadro precipuo e fortemente sui generis che vede negli Stati Uniti gli artefici e i promotori - e solo raramente gli attuatori - delle più rilevanti misure atte a combattere il terrorismo internazionale. In tale campo, infatti, l’attivismo dell’amministrazione statunitense si è andato progressivamente rafforzando sia in ambito nazionale, con l’elaborazione di una strategia antiterroristica ampia e onnicomprensiva, che in ambito internazionale, con la promozione di proposte e iniziative di rilievo. La risoluzione 1373 (2001)nonché la successiva 1540 (2004), prime espressioni dei già citati poteri legislativi del Consiglio di Sicurezza, costituiscono un’innegabile prova dell’influsso e del dinamismo statunitense in materia di sicurezza e terrorismo internazionale.



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