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FOCUS - Human Rights N. 1 - 25/06/2018

 Sul 'delitto di solidarietà' e i limiti del diritto di asilo

La “crisi migratoria” che ha investito l’Europa a partire dal 2014 ha posto le politiche di immigrazione e di asilo al centro dell’agenda europea. L’impressione che si trae dalle misure di recente adottate dall’Unione europea e da alcuni governi, europei ed extra-europei, è quella di azioni volte prevalentemente al controllo del fenomeno migratorio ed alla riduzione dell’immigrazione irregolare, piuttosto che alla tutela dei migranti e dei richiedenti asilo. In un contesto di aspra contrapposizione politica, di crescenti movimenti anti-immigrazione, a volte persino di “criminalizzazione” dell’immigrazione irregolare, anche la portata delle tutele connesse all’istituto dell’asilo rischia di essere gravemente ridotta. In particolare, la condanna delle condotte poste in essere da associazioni di volontari o da singoli individui che, mossi da sentimenti di solidarietà, svolgono attività di assistenza e di consulenza in favore dei richiedenti asilo è suscettibile di pregiudicare l’effettività del diritto di asilo, in quanto l’ingresso ed il soggiorno dei richiedenti asilo nel territorio dello Stato di rifugio trovano spesso un fondamentale supporto nell’azione svolta dalla società civile. Recenti decisioni hanno riportato al centro del dibattito il cosiddetto “delitto di solidarietà”, volto a punire le condotte di coloro che, per scopi umanitari, prestano aiuto ai richiedenti asilo e ai migranti irregolari, assimilandole a quelle dei trafficanti di uomini o delle organizzazioni criminali volte a facilitare l’ingresso irregolare di migranti a scopo di lucro. Gli attuali sviluppi del fenomeno migratorio ci inducono ad occuparci della punibilità della condotta di coloro i quali agevolano l’ingresso e/o il soggiorno irregolare di un richiedente asilo nella specifica prospettiva del diritto internazionale e dell’Unione europea. A tal fine, una precisazione appare doverosa. La posizione del soggetto richiedente asilo è del tutto peculiare; essendo essa tesa ad ottenere lo status di rifugiato, e le tutele che ne conseguono, viene vantata da una moltitudine di soggetti, sebbene non tutti ne abbiano titolo. È solo l’accertamento ad opera di specifiche commissioni che consente di verificare se la posizione vantata dal migrante corrisponda effettivamente a quella di rifugiato. Ne consegue che il soggetto che aiuta in buona fede uno straniero, il quale si pretenda richiedente asilo, a fare ingresso o a soggiornare irregolarmente sul territorio statale, non può avere esatta contezza del reale status di colui che usufruisce dell’aiuto. Questa circostanza può aver influito sulla scelta operata da alcune autorità di inibire, in via generale, le condotte solidaristiche, assimilando l’aiuto fornito ai richiedenti asilo a quello prestato alle altre categorie di migranti irregolari… (segue)



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