
La Corte si pronuncia, su rinvio pregiudiziale della Corte di Cassazione francese, sulla compatibilità con il diritto dell’Unione Europea della legislazione nazionale che esenta un ente pubblico responsabile della conservazione e della valorizzazione del patrimonio audiovisivo nazionale dall’ottenere il consenso scritto dell’artista interprete per lo sfruttamento di archivi contenenti registrazioni di sue esecuzioni.
Le previsioni della Direttiva 2001/29/CE (artt. 2, Lett. b), e 3 §.2 Lett. a), sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa nazionale che, disciplinando lo sfruttamento di archivi audiovisivi da parte di un’istituzione designata a tal fine, stabilisce una presunzione relativa di autorizzazione dell’artista interprete allo sfruttamento della sua esecuzione, qualora il medesimo artista partecipi alla registrazione di un’opera audiovisiva ai fini della sua diffusione radiotelevisiva. La presenza dell’artista sul luogo di registrazione dell’opera con tale finalità e la conoscenza da parte sua dell’utilizzo previsto della sua prestazione consentono pertanto di “ritenere, in assenza di prove contrarie, che egli, per effetto di tale partecipazione, abbia autorizzato la fissazione della detta prestazione nonché l’utilizzo della stessa”.
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