
La crescente domanda di contrasto alla corruzione nel settore pubblico si collega ai costi del fenomeno: costi economici e costi di ordine sociale. Quanto ai costi economici (su cui si è soffermata Paola Severino), non conosco la metodologia e quindi non riesco a valutare compiutamente le ricorrenti stime di quantificazione dei costi. Ma sicuramente, la corruzione costituisce una “tassa” indiretta sulle imprese esistenti e una barriera all’ingresso per nuove iniziative economiche; distorce l’allocazione delle poche risorse disponibili; è causa di una lievitazione dei costi delle opere pubbliche che viene traslata sul committente e quindi si riflette sulla spesa pubblica. Tutto ciò determina una relazione inversamente proporzionale tra diffusione della corruzione e crescita economica: ogni punto perso nella classifica di Transapency sulla percezione della corruzione si traduce nella perdita del 16% degli investimenti dall’estero; le imprese che operano in ambiente ad alto tasso di corruzione crescono in media dal 25 al 40% in meno delle aziende che operano in ambiente sano. E questo con buona pace delle teorie, elaborate anche a livello internazionale, su una presunta correlazione positiva tra corruzione e crescita: da ultimo Alessandro Borlini smentisce tali teorie sulla scorta di dati riferite alle varie tipologie di Paesi: ricchi, emergenti e in via di sviluppo. Ora, è vero che questi dati assumono a base di calcolo la percezione della corruzione e quindi –come rilevato dal Consiglio dell’Unione europea - possono avere... (segue)