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FOCUS - Human rights N. 2 - 17/05/2013

 La tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali a dieci anni dall’entrata in vigore del Protocollo n. 11 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Nella sovrapposizione – significativa sia da un punto di vista simbolico sia dal punto di vista storico politico – che si verifica quest’anno tra il sessantesimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione italiana e la proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, si inserisce la ricorrenza dei dieci anni dall’entrata in vigore del Protocollo n. 11 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (CEDU), avvenuta il 1° novembre del 1998.
Certo, una ricorrenza che evoca date di una storia europea più recente, ma che condivide la medesima radice di quegli anniversari, come emerge dal Preambolo della stessa Convenzione, laddove gli Stati Parti hanno dichiarato, “il loro profondo attaccamento” alle libertà fondamentali “che costituiscono le basi stesse della giustizia e della pace nel mondo e il cui mantenimento si fonda essenzialmente, da una parte, su un regime politico effettivamente democratico e dall’altra, su una concezione comune e un comune rispetto dei Diritti dell’Uomo”.
Dieci anni fa, quegli Stati hanno assunto l’impegno di sottoporre alla giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo le proprie decisioni interne definitive in materia di diritti e libertà, secondo un sistema di tutela rinnovato dal Protocollo n. 11. E, oggi, il valore in termini assoluti del segno di questo anniversario potrebbe essere dimostrato già solo con i numeri del contenzioso che la Corte ha potuto smaltire negli ultimi dieci anni grazie alle innovazioni introdotte dal Protocollo n. 11 nel sistema di controllo del rispetto della Convenzione. Numeri enunciati dal Presidente della Corte europea il 18 settembre scorso, in occasione dell’emanazione della 10000° sentenza, resa quarantotto anni dopo la prima pronuncia adottata dalla Corte europea: prima dell’entrata in vigore del Protocollo n. 11 la Corte aveva emanato 837 sentenze, e alla fine del 2005, ben 5968. Perciò negli ultimi tre anni la Corte è riuscita ad emanare circa quattromila sentenze.
Questi numeri sono indice della dimostrata funzionalità del meccanismo di tutela delineato dal Protocollo, quale risulta dal rafforzamento del carattere giudiziario del sistema, realizzato attraverso la soppressione delle competenze decisorie del Comitato dei Ministri, configurato invece come organo di controllo dell’esecuzione delle sentenze; la riunione delle competenze, inizialmente ripartite tra la Commissione e la Corte, esclusivamente in capo a quest’ultima, chiamata a giudicare in composizione di Camera o, alle condizioni stabilite dagli artt. 27, 30 e 31 CEDU, di Grande Camera; la previsione di una serie di disposizioni procedurali di snellimento e accelerazione del procedimento di esame dei ricorsi presentati alla Corte. Ma, soprattutto, il Protocollo ha assicurato piena facoltà di ricorso individuale alla Corte, che è perciò divenuta organo ad incondizionato accesso per la tutela di diritti individuali. Fatto questo di cui la stessa Corte sottolinea l’importanza nei casi in cui è chiamata a pronunciarsi su doglianze relative ad asserita lesione del diritto di ricorso individuale ai sensi dell’art. 34 CEDU, tanto da annoverare il ricorso individuale tra le chiavi di volta del meccanismo di salvaguardia dei diritti e delle libertà enunciati dalla CEDU.

(segue)



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