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di Stefania Sartarelli
La Corte EDU e il diritto di voto dei condannati
L’approccio riservato dalla Corte europea dei diritti umani alla spinosa questione della compatibilità con il sistema convenzionale della privazione del diritto di elettorato attivo per coloro che subiscano una condanna penale assume, neanche troppo velatamente, le forme di un triangolo, dove, oltre alla Corte, intervengono l’Italia in qualità di paese membro direttamente investito del giudizio di compatibilità e il Regno Unito, in qualità di paese membro a cui, più degli altri, si rivolgono indirettamente le linee-guida individuate nella sentenza della Grande Camera Scoppola c. Italia (n. 3) del 22 maggio 2012. In questa sentenza, infatti, il nostro ordinamento finisce per assumere un ruolo piuttosto insolito, visti i più recenti approdi giurisprudenziali della Corte in cui l’Italia, invece, è stata sovente “redarguita” e “condannata” a risanare le situazioni patologiche censurate in sede europea, e cioè quello, addirittura, di una sorta di “modello” esportabile in altri Paesi membri del Consiglio d’Europa (primo fra tutti, il Regno Unito). Ciò appare ancora più incredibile laddove si consideri che la medesima questione relativa alla compatibilità ai parametri convenzionali della disciplina italiana in materia di privazione del diritto di voto dei detenuti era stata risolta in senso diametralmente opposto dalla Sezione Seconda della stessa Corte EDU... (segue)
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