
La pratica della tortura è una grave violazione dei diritti dell'uomo, severamente proibita dal diritto internazionale, poiché colpisce libertà civili e politiche ed è uno dei primi problemi di cui le Nazioni Unite (ONU) si sono occupate in una cornice di valori per il riconoscimento e la tutela dei diritti dell'uomo. Il termine “tortura” viene dal verbo “torcere” che esprime l’atto del piegare con la forza, deformandolo, un corpo (accade nella tortura come punizione) ma anche una volontà (accade nella tortura giudiziaria). Nel suo stesso nome è già incluso il concetto di “torto” che è alla lettera l’opposto di “diritto”, per cui nello Stato di diritto la tortura non trova mai ontologicamente posto né può ambire a ottenerlo. Il divieto di tortura è contemplato non solo da numerose convenzioni generali sui diritti umani ma anche da specifici trattati ai quali l’Italia ha aderito, come la Convenzione dell’ONU contro la tortura e la Convenzione Europea per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti del 1948 che tra le prime, alla fine del secondo conflitto mondiale, mise un punto fermo rispetto alle pratiche inumane seguite nel periodo bellico. Il diritto internazionale, in particolare, nel definire i contenuti di questa pratica, la vieta allo stesso modo in cui vieta ogni altro trattamento inumano o degradante. In questo senso appare già significativo il titolo della Convenzione che distingue in linea di principio la tortura come vera e propria pratica da un complesso di atti di violenza fisica e psichica che degradano la dignità umana della persona detenuta o del nemico prigioniero... (segue)
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