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FOCUS - Human rights N. 2 - 03/04/2015

 Recensione del volume C. Salvi, Capitalismo e diritto civile. Itinerari giuridici dal Code civil ai Trattati europei, Bologna, il Mulino, 2015, 261 pp.

Il saggio di Cesare Salvi consente di collaudare una prospettiva originale nello studio del diritto civile, quella costituzionalistica. Salvi è prima civilista e poi costituzionalista, anche se le due anime convivono qualificandone l’approccio assolutamente originale, e per questo prezioso, allo studio delle due discipline. Questo saggio va studiato anche tenendo conto dell’identità culturale giuridica dell’Autore, che si riflette perfettamente nella struttura della ricerca. Personalmente ho letto questo lavoro da costituzionalista, quindi nelle presenti riflessioni mi dedicherò tendenzialmente ai risvolti costituzionalistici dell’indagine svolta. Il volume inizia con una breve I parte introduttiva delle idee portanti svolte nella ricerca, che fanno parte del consolidato bagaglio culturale del giurista Salvi. Il consiglio è di rileggerla dopo aver terminato il volume perché in essa ci sono sia le premesse sia le conclusioni della tesi dell’Autore, che personalmente condivido. Ne darò conto nelle pagine successive. Nella II parte il civilista Salvi si sofferma sul Code civil del 1804 e sui codici dei regimi liberali, per evidenziare il ruolo storico-politico della borghesia capitalista nello stato monoclasse ed il rilievo di “costituzioni della borghesia” dei codici civili dell’epoca, imperniati su di una lettura individualista dell’uomo quale titolare di rapporti giuridici essenzialmente patrimoniali, con la famiglia individuata quale presidio dell’ordine dei valori della società liberale. Nella parte III il costituzionalista Salvi si sofferma sulle caratteristiche che qualificano il costituzionalismo europeo e italiano inauguratosi alla luce dell’esperienza roosveltiana, che fornisce le premesse del modello occidentale democratico, all’insegna del quale identifica (spec. 23 ss. e passim) l’“età dell’oro” del costituzionalismo, riconoscibile nell’affermazione di costituzioni rigide che impongono un ruolo interventista dello stato, a tutela dei diritti sociali e delle libertà incompiute. Dopo la tragedia dei totalitarismi e della II guerra mondiale, Salvi indaga in Italia il progressivo affermarsi della prospettiva costituzionale come vicenda non scontata, grazie al comune impegno di partiti politici di matrice culturale diversa – liberali, socialisti, cattolici – che condividono l’esigenza di politiche orientate dai valori della persona, autentico centro del nuovo ordine costituzionale, in una visione frutto della sintesi raggiunta in Assemblea costituente circa il rilievo costituzionale assoluto dell’uomo, capace di affermare pienamente la propria personalità non solo come singolo ma nella società e nelle formazioni intermedie. Ricorda Salvi che i principi di solidarietà ed eguaglianza hanno guidato l’attuazione della Costituzione, facendo emergere i diritti di “seconda generazione”, i diritti sociali, che assieme ai diritti di libertà, civili e politici, di “prima generazione”, consentono la piena esplicazione del costituzionalismo personalista specie a partire dalla fine degli anni ’50 e per tutti gli anni60, in Italia grazie soprattutto al ruolo della Corte costituzionale, che ha affermato il raggiunto primato della Costituzione repubblicana, rigida e pluralista, sulla costituzione “borghese” rappresentata dal codice civile ereditato dal regime fascista, matrice di una lettura individualista dei diritti dell’uomo, poi corretta proprio dallo “spirito” solidale della nuova Carta (spec. pp. 85 ss.). In questa parte Salvi aiuta a studiare il codice civile alla luce di tale nuovo approccio... (segue)



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